L’impero del vento,
La città verticale
e Hotel Vasteland,
il mio ultimo romanzo, costituiscono la catena inscindibile di una
trilogia, la Trilogia dei Luoghi.
Le maglie della catena che unisce queste opere, pur così diverse fra
loro per trama, plot e ambientazione, sono la diversità e
l’identità. La domanda da porsi è: chi sono io? Chi sono io
davvero? Sono questioni che ci poniamo dalla notte dei tempi, ma la
cui sola risposta ottenuta era l'eco che rimbalzava sulle pareti di
una caverna.
Ne L’impero del vento,
la crisi d’identità è innescata dalla condizione di diversità,
dal sentirsi stranieri, estranei, alieni in un paese straniero. Non a
caso, strano e
straniero hanno
la stessa radice, anche in altre lingue (strange
– stranger, etrange – etranger).
Ne La città verticale
ho narrato il dramma di sentirsi estranei al mondo e ai luoghi che ci
appartengono.
In Hotel Vasteland,
la crisi d’identità è così profonda e definitiva, che ci fa
risvegliare estranei a noi stessi, prigionieri di un corpo che non
riconosciamo.
Percepire la diversità è prendere coscienza della
difficoltà d’idealizzare la propria identità al punto da
riconoscere le identità altrui soltanto come presenze estranee e
inquietanti. Entità che non sono in relazione tra di loro in alcun
modo, proprio come tessere di un puzzle che non s’incastrano con
nessun’altra, perché non appartengono alla stessa scatola.
La Trilogia dei Luoghi,
il mio hotel, la mia città, il mio impero.
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