Ho
provato ad abbozzare la storia di Atròphia,
il progetto musicale più importante che abbia mai realizzato fin’ora.
1.
Le
origini
Il
progetto Atròphia nasce nell’estate
del 2006 dalle ceneri di Topsyca, band
che proponeva noise rock alternativo,
dal desiderio di riprendermi le canzoni che avevo scritto e soprattutto, la
direzione artistico – musicale del progetto. Nella lunga e a volte dolorosa
gestazione dei brani, il progetto Topsyca,
infatti, aveva subito notevoli rallentamenti, dopo gli entusiasmi iniziali,
proprio a causa dei contrasti interni tra i componenti sulla direzione da
prendere. Ad esempio, la canzone “Macabradanza”, inclusa più avanti
nel secondo lavoro di Atròphia “Sorvegliare
e punire”, aveva già subito, prima dell’estate, numerosi arrangiamenti.
C’era la versione originale, la versione noise, quella metal e addirittura,
quella in chiave tex-mex e disco
’70!
In
particolare, volevo recuperare lo spirito iniziale del progetto, che esisteva
già in stato embrionale nell’estate 2004, di dare vita, corpo e suoni ad
un’improbabile elettro – dark – wave
sound. In poco più di due mesi di lavoro, nel settembre 2006 esce il primo
lavoro di Atròphia, dal titolo “Sotterranea”.
L’album prende il nome dall’omonima canzone, che potrebbe essere accostata con
notevole simmetria ad “A forest” dei Cure. L’album è strutturato su una base ritmica secca e ripetitiva,
a tratti ossessiva, sulla quale sono cucite ritmiche scarne e suoni cupi e
nervosi. Il disco si apre con “Alla deriva”, nella quale aleggia
insonne lo spettro dei Bauhaus, “Preghiera
dell’odio”, dal testo tratto da una poesia africana, segue la
dissonante “Zero” e chiude “Darkene”, che trae il titolo
dall’omonimo medicinale antidepressivo (“Mi sento come rabbia liquida in un vortice
ogni volta sconosciuto”).
Alla
fine dell’anno Atròphia viene
selezionato per partecipare alla compilation natalizia “Silent Night-Mare” di Anomolo Records, con una versione dark – noise della tradizionale “Astro
del ciel”.
2.
La
fase rock
Nel
marzo 2007 esce il secondo lavoro di Atròphia,
“Sorvegliare
e punire”. Si tratta di un concept album sul potere politico e le sue
degenerazioni. Vi sono ancora
le atmosfere oscure del lavoro precedente, ma anche una decisa sterzata verso
sonorità più rock, punk e a tratti metal. Il disco si presenta musicalmente più
omogeneo. Notevole la rabbia espressa in “Uscita di scena” e “Rossosangue”,
dal sapore punk – metal, segue la
già citata “Macabradanza” e il punk della title – track. Da citare anche l’ottima “In un respiro”,
malinconica quanto basta per piacere anche ai Placebo e l’intro
arabeggiante di “Caos”. Ghost song
finale: una riuscita versione live di “Pet
Sematary” degli indimenticati Ramones.
Nel mese di luglio viene varato anche il sito ufficiale
della band su myspace
(www.myspace.com/atrophi), che ha totalizzato più di 20.000 tra contatti e
downloads, soprattutto da Germania, Francia e Spagna, USA e paesi
latino-americani, ma anche in alcuni Paesi dell’est europeo.
La produzione
dell’anno prosegue con l’uscita di un mini album, denominato “Ipnotica EP”, che contiene due
nuovi pezzi: “Ipnotica” ed “AK47”, che presenta
un’interessante coda techno – punk
alla Prodigy, lo strumentale “L’angelo azzurro” nel quale si
odono addirittura tracce dei REM e
la cover “Things you said”
dei Depeche Mode, rielaborata in chiave elettrica.
L’autunno è sempre prolifico per Atròphia e da una sua costola prende vita il progetto Tranzgenic. Si tratta in questo caso di
caro vecchio metal, con alcuni lodevoli
episodi. Buono il thrash metal di “Love
suicide”, “White noise” e “Kiss of death”, ma anche la ballad “Under
the shadowline”. La strumentale “Cobalt” chiama in causa addirittura
i Led
Zeppelin, mentre la riuscitissima “Kill me Osama”, presa in giro del
terrorismo islamico, sembra uscire da “Smells like teen spirit” dei Nirvana. Da citare anche “La
mort des amants”, tratta dall’omonima poesia dei “Fiori del male” di Baudelaire.
3. Il post dark
Il 2008 si apre con l’uscita del terzo capitolo della
saga Atròphia. Il disco, denominato “Echi”, è di gran lunga il migliore della produzione dark ed
il più maturo. Rispetto ai precedenti, mantiene un buon equilibrio fra rock,
post punk e dark e potrebbe essere tranquillamente definito un album post dark. E’ però anche la pietra
tombale su quel genere che Atròphia
dichiarerà di non avere più intenzione di suonare, spostandosi verso altri
orizzonti.
Il disco si apre
con la visionaria “Sarin”. Un
inno gregoriano ci scaraventa in un medioevo prossimo venturo, in mezzo a
un’umanità dolente e disperata. Si prosegue con le glaciali “Krasnodar” e la title - track “Echi”, quest’ultima incentrata
sulla incomunicabilità. Decisamente più rock “Stato di alienazione” e “Denizen”, senz’altro fra i migliori episodi del disco, per
passare ai brani più introspettivi: “Nysbax”,
cureggiante inno al nichilismo e “17
novembre”, ancora una storia di difficoltà di comunicazione, questa
volta tra i sessi. Il disco si chiude con la febbricitante “Il dogma”, che, con brucianti
riff di chitarra, prende di mira l’ipocrisia ed il silenzio della Chiesa sugli
abusi ai minori commessi da membri del clero e l’onirica “Re Lucertola”, dedicata all’indimenticato ed indimenticabile
leader dei Doors.
Il 2009 è un anno
di riflessione. Atròphia, però, collabora con i Bad Monkeys, per
i quali scrive alcune canzoni hard rock
- blues, come “Out of control”,
“Love Train”, “Lost soul” e “Loaded Gun” e partecipa alla
riedizione di alcune canzoni blues degli U2.
In particolare, “God Part Two”, che prenderà il titolo “Believe in love” e “Bullet
the blue sky”, rinominata “Outside is America”. Particolare in
quest’ultima il tempo rallentato, che ne esalta le venature psichedeliche.
La seconda parte
dell’anno vede Atròphia impegnato con i Kish Maldìt, come al
solito, prestando la voce e la chitarra, per un progetto che si concretizzerà
poco più avanti con l’album “Osculum
Tarantulae”. Nel frullatore sonoro stavolta finiscono ritmi e melodie
tradizionali del Meridione d’Italia, in primis la taranta, insieme ad una fortissima dose di punk, metal e hip - hop, con un risultato, tutto
sommato interessante.
La principale forma ritmica del sud, la tarantella (taranta in Campania, nel
Foggiano, in Basilicata ed in Calabria, pizzica nel Salento e ancora, taranta
e saltarello
in Molise), si ritrova fusa con energici suoni tipicamente rock e punk. Ci sono
anche altre influenze, come dall’hip hop, dalla musica celtica, araba e
balcanica, ma prevalentemente, il progetto prevede la rielaborazione ed il
riarrangiamento di composizioni tradizionali, affiancate da brani originali,
direttamente figli dello spirito del progetto.
Il
significato letterale del nome della band, nel dialetto molisano antico, è “che
siano maledetti”, un’imprecazione che non è raro sentire esclamare da
quelle parti ancora oggi. Il termine “Kish”, inoltre, è una contrazione
dell’aggettivo di origine tedesca “kitsch” (cafone, di cattivo gusto),
nella forma correntemente usata nei paesi latino – americani.
4. Musica alternativa
Nel 2010 Atròphia è impegnato nelle
registrazioni del nuovo album, che terminano nell’estate. Ma il lavoro resterà
per un anno in naftalina, perché non è ritenuto convincente. Sarà riesumato soltanto
l’anno successivo, senza cambiarlo di una virgola ed è ritenuto il lavoro
migliore in assoluto.
L’album si
intitola “Subliminale”. Se i
primi lavori erano abbastanza identificabili per un genere prevalente,
quest’ultima fatica va oltre i generi e si potrebbe definire a tutti gli
effetti un prodotto “alternativo“
rispetto a questi.
In raffronto alle
composizioni precedenti, il lavoro privilegia un impatto più immediato e
comprensibile sull’ascoltatore, meno ostico pur senza essere “pop” nel senso più dispregiativo
del termine. Infatti, vi è una spiccata ricerca della melodia e della “cantabilità” dei brani, con
architetture compositive più semplici e strutture più compresse, che in due -
tre minuti pretendono di dire tutto, rispetto a brani di oltre cinque - sei
minuti di composizioni precedenti.
Se proprio
vogliamo trovare un riferimento stilistico, forse dovremo dire che questo disco
è più gothic-metal che dark e che se questa definizione
può reggere, si può affermare anche che è meno metal e più gothic.
Anche i testi sono meno oscuri e più decifrabili e buona parte delle
composizioni è incentrata sul rapporto uomo - donna, che finora Atròphia
aveva trattato poco. Ad esempio, “Voyeurism”
rappresenta l’invidia di chi è costretto a sbirciare nelle relazioni altrui per
vedere quello che non possiede nella sua e si trasforma in voyeur esistenziale,
“Di Norma” canta l’amore
impossibile per una donna in là con gli anni, che forse arriva fuori tempo
massimo, “Iside” è l’inno
d’amore per una donna, venerata quasi come una divinità egizia, “Eva” racconta di donne
apparentemente bellissime e felici, cui pare non mancare nulla, ma che, in
realtà, nascondono segreti inimmaginabili, la protagonista di “Marlèn” è, invece, una donna che
può permettersi di fare tutto quello che vuole e soprattutto far fare agli
altri tutto quello che vuole.
Quindi, un’altro
significativo aggiustamento di rotta di Atròphia, analogo a quello di “Sorvegliare e punire”, ma verso
lidi meno tradizionali e più alternativi, dove il post-dark di “Echi”
appare più assimilato nella struttura della forma canzone, in un universo in
cui la disperazione, la tristezza e la nostalgia sono assunti a normalità e
cantati quasi con gioia.
Di seguito alcuni
versi tratti dalle canzoni.
“No non svegliarti, resta nei tuoi sogni,
continua a viverci dentro e lasciati cullare, lasciati portare dal sogno in cui
sei teneramente rinchiusa. Per ogni goccia un fiume, per ogni lacrima un mare,
verso la strada che conduce da qui al deserto dei tuoi giorni. Lasciati svenire
nel sogno da cui sei gelosamente custodita e abbandonati come arresa al
silenzio ineluttabile di questi giorni. I nostri corpi arresi, i nostri cuori
vinti, i nostri sogni infranti al gelo dell’attesa” (La resa)
“Il tuo sguardo di vetro e bistro mi
trapassa e toglie il fiato, come questo fuoco sacro nelle vene. Mia dea
risvegliami e conducimi ad assaporare l’alba, mia dea salvami e conducimi ad
assaporare l’alba” (Iside).
“Eva perfetta profilo sottile dalla linea
imperfetta, Eva racconta e si adombra del legame perverso. Ogni passato, ogni
ora persa oggi ritorna e si impossessa di Eva che rimedia ad ogni suo sbaglio e
una carezza si apre a ventaglio. Eva perversa distesa nel buio ora riversa
tutto il suo odio” (Eva)
“La
luce mi feriva gli occhi e sembrava non dovesse finire mai come quando pioveva
alla fine di settembre e la sensazione del dopo, del senso di indefinito che
arrivava inaspettato a farci rabbrividire. Ti immagino distesa ancora in quei
luoghi dove torno a volte come in un sogno e tu nuda come la verità interrompi
ogni mia certezza. Posso vederti impersonare le nostre danze macabre con il
gusto del nulla” (Bluesong)
“Quello che non ho avuto, quello che non avrò
mai, è sempre più distante come un tuono lontano, come fossimo morti da secoli
senza essercene accorti. Disteso immagino quello che sarebbe stato, ciò che
avresti detto, i sogni e gli incubi, i desideri svaniti nel nulla, i baci non
dati, le parole sospese dalle labbra e mai pronunciate. Ora siamo così distanti”
(Voyeurism)
5. La fine di Atròphia
Credo che “Subliminale”
sia stato il punto di arrivo più elevato di Atròphia ed anche quello più estremo. Oltre non si può andare,
perché oltre non c’è niente. Sono convinto che Atròphia abbia detto tutto quello che aveva da dire e che lo abbia
fatto nel modo più franco, chiaro e diretto con Subliminale. Non avrò altri periodi creativi come quelli che ho
vissuto nell’ultimo periodo con Atròphia
e credo che mi mancherà molto, ma devo svoltare l’angolo, girare pagina e
andare avanti.
Addio Atròphia, mi mancherai.
Ma voglio ancora
indugiare su quel particolare periodo. A volte fa bene crogiolarsi nella malinconia,
prolungando il tempo dell’addio. In fondo Atròphia
mi ha accompagnato per sette lunghi anni e se considero Topsyca come una sorta di suo progenitore, un suo rabbioso e
rumoroso antenato, allora, gli anni sono nove, quasi un quarto della mia vita.
Mica poco. Allego le note che avevo scritto come allegato al cd.
“Ho prodotto
questo lavoro presso lo Studio M42 di Monselice (PD) durante il gelido inverno
del 2010, lo ho mixato e masterizzato presso lo stesso Studio in primavera.
Tutte le canzoni sono state scritte da me, suonate da me e, purtroppo, anche
cantate da me. Per farlo ho impiegato una Fender Telecaster, un basso Stagg
Precision, un Vox Tone Lab per chitarra, un Digitech BP50 per basso, un
amplificatore Fender FM65R, un FBT BX30, una tastiera Casio CKT-3000, vari
synth, tra i quali Silver, Copper e Beat Box, un mini - mixer Beheringer a sei
canali, molta Peroni fredda e tante ore perse di sonno.
Durante il
periodo “compositivo”, ovvero
il precedente anno e mezzo, ho ascoltato fino alla noia Editors, Metallica, Soundgarden, Queens of the stone age, Chingon
(per chi non sa chi siano, è la band preferita di Quentin Tarantino), 69 Eyes, Velvet Revolver, HIM, Coldplay,
Stray Cats, Rage against the machine, Guns and Roses, Bruce Springsteen, Steve
Ray Vaughan, Amy Winehouse, Cream, Black Sabbath, PJ Harvey, Billy Idol,
Smashing Pumpkins, Siouxsie and the Banshees, Foo Fighters, Clash, Verdena,
Killers, ho letto fumetti della Marvel Comics, ho visto o rivisto i
seguenti film: 300, Le crociate, King
Arthur, Il gladiatore, Kill Bill, Pulp Fiction, Bastardi senza gloria, Gangs of
New York, The secretary, Basic, C’era una volta in Messico. Inoltre, ho
ripreso a fumare per cinque lunghi mesi, mi è cresciuta la barba, mi sono
tagliato nove volte i capelli, ho fatto un altro figlio, sono stato quasi
mollato dalla mia compagna (grazie per la pazienza), ho lavorato come un negro
(senza offesa per nessuno) e ho pensato seriamente e molte volte di piantare
tutto, senza che di tutto ciò abbiano risentito minimamente le mie
composizioni, o almeno questo è quello che credo.
Durante il
periodo “produttivo” si è
inchiodato due volte il pc principale dello studio (hard disk e monitor
sostituiti) e ho perso il file di una canzone già pronta durante un black-out,
con molte immaginabili bestemmie (di cui mi sono immediatamente pentito) e
parolacce (di cui non mi sono pentito affatto).
Per finire,
“Marlèn” è dedicata a Marlèn,
mentre “Margherite gialle“, soltanto
la protagonista sa che è dedicata a lei.”
A partire dal 2011 ho quasi abbandonato la chitarra
elettrica. Ondeggio tra sonorità acustiche americane (e quindi mi spacco le
dita della mano sinistra sulle robuste corde di chitarre dreadnought) e suoni
mediterranei, iberici, latini (e in questo caso, sono le dita della mano destra
a soffrire. La chitarra flamenca si suona rigorosamente
senza plettro). Nel primo caso ho registrato un demo nel 2011, “Six
strings and three chords” (Sei corde e tre accordi), che contiene le
canzoni “Southern civil war” (dove rivisito l’Unità d’Italia come una
sorta di Guerra di secessione americana), “Respect” (scandita da arpeggi alla Lynyrd Skynyrd), “The Giantess” (dedicata a
una donna cannone più sexy delle donne da sfilata).
E poi, “State whore blues” (ispirata a
politici e politiche che, sempre più, possono fregiarsi del titolo di Puttana di Stato), “Outlaw
song” e “Now”.
“Adesso guardami.
Mi riconosci? Sono sempre io, lo stesso di sempre. Ma tu sei diversa. Sei
un’altra persona. Dove sei adesso? Non ti vedo più. Dove sei adesso? Non ti
riconosco più.”
(Now)
E anche, “My heartland”, dichiarazione d’amore
per la mia terra.
E per finire, ho
aggiunto due cover per sola voce e chitarra. “La casa gris” di Llan de Cubel (confesso che è stato
alquanto difficile cantare nello spagnolo delle Asturie) e la tradizionale “Danny
Boy”.
6. Discografia
Album
- Sotterranea
(2006)
- Sorvegliare e
punire (2007)
- Ipnotica EP
(2007)
- Echi (2008)
- Subliminale (2011)
Compilations
- Silent
Night(mare) (2007)
Altri progetti
- In Delirio
(Tranzgenic 2007)
- Six strings and three chords (2011)
Partecipazioni e
collaborazioni
- Bad Monkeys (Bad
Monkeys 2009)
- Osculum Tarantulae (Kish Maldìt 2009)
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