Nel
Seicento la Chiesa ordinò a Girolamo Borro, uno scienziato
dell'epoca che studiava i moti delle stelle applicando le teorie di
Copernico, di inserire un paradiso cristiano nel firmamento. Egli
rispose che oltre la sfera celeste non v'era nulla di nulla, tranne
un piatto di lasagne per l'Inquisizione, sotto la quale sapeva
che sarebbe caduto. Non si sbagliava. La sua ironia non fu accolta
con sportività dalle alte sfere ecclesiastiche e fu immediatamente
imprigionato.
“Non
criticare mai i preti e i monaci in pubblico, dai l'impressione di
essere religioso, devoto e zelante, perchè gli ipocriti hanno sempre
successo”. Questi erano i consigli per fare carriera a
quell'epoca nei palazzi della Chiesa, secondo Giovanni Ciampoli,
che era stato il segretario particolare di Urbano VIII, prima
di cadere in disgrazia.
E,
restando in tema di ricerca scientifica e progresso, nel cui campo la
Chiesa mostrò il lato peggiore di sé – e probabilmente lo fa
anche oggi -, non dimentichiamo le persecuzioni alle quali fu
assoggettato Galileo Galilei, la cui unica colpa fu di aver
confutato la teoria della centralità della terra, dimostrando
l'eliocentricità del sistema solare. Abiure, anatemi e minacce si
sprecarono e Galileo fu quasi dimenticato, sepolto dalla polvere e
dalle ragnatele dell'ingiustizia. Soltanto nel 1964, quando di lì a
cinque anni l'uomo avrebbe messo piede sulla Luna, e nel 1979, ben
dieci anni dopo che ciò era avvenuto, Galileo fu riabilitato, a
opera di Paolo VI nel primo caso e di Giovanni Paolo II, più tardi.
Ma
andiamo avanti, il Seicento, come Dio volle, ebbe fine ed entrammo
nel Settecento, l'era dei Lumi. Ma di lumi la Chiesa ne spense più
di quanti ne accese nelle celebrazioni liturgiche. La Santa sede
combattè con asprezza la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e
del cittadino. Orbene, la Dichiarazione, che
elencò per la prima volta i diritti universali, inviolabili e
insopprimibili degli uomini, segnò, a mio avviso, il vero
passaggio dal Medioevo all'Età moderna. Eppure, ritenere gli
uomini tutti uguali e liberi costituisce un atto contrario non solo
alla ragione ma anche alla dottrina cattolica, disse Pio VI nel 1791,
condannando senz'appello la Dichiarazione con il Quid
aliquantum. Quanti si resero conto che così facendo stava
implicitamente giustificando la schiavitù, la sopraffazione del
proprio simile, la disuguaglianza e l'assolutismo? Forse non se ne
rese conto lui stesso. Probabilmente non si era neppure accorto di
essere entrato nell'Età moderna e che il mondo stava cambiando.
E
che dire di Pio IX, il Papa “riformatore, liberale e
democratico”? Neppure lui si diede pena di svecchiare la
Chiesa e tendere l'orecchio alle grida di dolore che giungevano da
più parti da centinaia di popoli oppressi. Anzi, sostenne
l'incompatibilità del cattolicesimo con una civiltà moderna,
condannando la libertà di religione (di quelle diverse dal
cattolicesimo), la libertà di stampa e di manifestazione del
pensiero e l'uguaglianza giuridica di tutti i cittadini
indipendentemente dal culto professato. E questo accadeva nel 1861,
il giorno dopo la proclamazione dell'Unità d'Italia!
Nel
1885 Leone XIII con l'enciclica Immortale dei condannò
l'idea di lasciare la religione, qualunque religione, alla sfera
esclusivamente privata del singolo individuo, rendendo cioè ciascuno
libero di seguire la propria religione, o anche nessuna, se questo
fosse il suo desiderio.
Ma
passiamo al Novecento. La seconda guerra mondiale è appena terminata
e ha lasciato milioni di morti, feriti e distruzioni, un mondo
ferito, ma desideroso di risollevarsi. Siamo nel 1948 e all'Assemblea
dell'ONU è in discussione la Dichiarazione universale dei
diritti dell'uomo. In quell'occasione, il delegato del
Brasile presentò una mozione con la quale chiedeva l'inserimento nel
testo della Dichiarazione del principio secondo il quale i diritti
dell'uomo vengono da Dio che glieli ha donati; come dire, il
cadavere della teoria dello jus naturale di
secentesca memoria veniva riesumato con il suo tanfo insopportabile
di assolutismo, in contrapposizione al diritto comune
elaborato dagli uomini per gli uomini. Per fortuna, e ripeto, per
fortuna, la mozione fu respinta. Ma per ripicca, Pio XII espresse un
giudizio molto negativo sull'intera Dichiarazione.
Neppure
nel 1988, in occasione del quarantennale della Dichiarazione
universale, la Chiesa espresse una posizione netta a favore dei
diritti umani. Giovanni Paolo II, pur riconoscendo che la Carta era
una pietra miliare posta sulla strada del genere umano,
riteneva, tuttavia, che corrispondesse soltanto in parte a quanto la
Chiesa richiedeva come indispensabile assetto del consorzio civile.
Neppure allora un papa tollerante, aperto e modernista, come io lo
considero, osò infrangere il dogma, oramai ridotto a tabù, a
svolazzante foglia di fico della supremazia del diritto
naturale su quello artificiale, prodotto dall'uomo. E quindi di una
Chiesa unica depositaria del diritto d'ingerenza sulle terrene
questioni, unico giudice competente a decidere ciò che è bene e ciò
che è male per l'uomo.
Da
quanti secoli di oscurantismo veniamo e non sono ancora bastati!
E'
ora di riconoscere che papa Pio IX non si era sbagliato e aveva
perfettamente ragione: il cattolicesimo è incompatibile con una
civiltà moderna. Dunque, non esitiamo a sbarazzarcene.
E
ora, scomunicatemi pure.
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