Proviamo
a sfatare i falsi miti del Risorgimento, quelli che ci hanno
propinato a scuola avvelenando la Storia.
Mito
n. 1 “Il Regno delle due Sicilie era una sorta di terra del
demonio.”
Il
Regno delle due Sicilie era florido e potente, con i conti in regola
e in avanzo di bilancio. Possedeva i due terzi dell'oro di tutti gli
altri stati preunitari, 445,2 milioni di lire, contro i soli 27
milioni del Regno di Sardegna. Tant'è vero che le casse meridionali
furono utilizzate per pagare il debito pubblico contratto dai
piemontesi per finanziare le loro guerre. Forse questa fu la vera
ragione dell'Unità d'Italia.
Quando
Francesco II, l'ultimo sovrano meridionale, partì da Gaeta, lasciò
tutto il suo patrimonio personale a Napoli e integre le casse dello
Stato; quando i Savoia furono cacciati dall'Italia in seguito al
referendum per l'abolizione della monarchia, partirono per la
Svizzera insieme a diciotto treni colmi di denaro e preziosi. La
differenza fra le due casate reali non è, purtroppo, soltanto
questione di stile.
Le
industrie meridionali occupavano 1.600.000 operai, nel resto d'Italia
ve n'erano, in tutto, poco più di un milione; non c'era alcun
divario in termini di prodotto interno lordo fra Nord e Sud (Il
prodotto delle regioni e il divario Nord-Sud in Italia (1861-2004)
di Vittorio Daniele e Paolo Malanima, il primo ricercatore
dell'Università della Calabria di Arcavacata, bellissimo nome
di origine greca).
Le
flotte mercantili collegavano Napoli con l'America e si spinsero fino
in Australia, l'Armata di mare era la prima flotta del
Mediterraneo dopo quella inglese, gli Stati Uniti commissionavano
navi da guerra ai cantieri navali di Castellammare di Stabia, non vi
erano napoletani emigrati in altri Regni, ma il Regno di Napoli era
pieno di immigranti dalla Toscana.
All'Esposizione
universale di Parigi del 1856, il Regno delle due Sicilie risultò il
terzo paese industrializzato al mondo! Al primo posto c'era la
Gran Bretagna e al secondo, la Francia.
Soltanto
nel 1921 il Mezzogiorno diventò un'area in ritardo di sviluppo, dopo
sessanta lunghi anni di sfruttamento (tassazione elevatissima e
nessuna spesa pubblica per il Sud).
La
questione meridionale prima dell'Unità d'Italia non esisteva, l'ha
creata il Nord.
Mito
n. 2 “I Borbone erano dei reazionari.”
Non
è assolutamente vero. Anzi, essi erano pienamente consapevoli di
dover evitare la contrapposizione fra le due Nazioni del Regno,
quella borghese e quella popolare, ma anche tra quella Napoletana e
quella Siciliana (L'arma della memoria, Paolo
Mieli). La monarchia sabauda, quella si era “codina e
rivoluzionaria”.
Mito
n. 3 “I liberali meridionali erano uniti nella fratellanza con
quelli settentrionali.”
Ma
quando mai! Spesso si scontrarono aspramente. Più in generale,
l'idea di Italia come nazione era sconosciuta ai più, era soltanto
un'utopia, un sogno assurdo e irraggiungibile che agitava le notti
insonni di chiassosi e collerici patrioti settentrionali.
E
secondo me, l'Unità non era affatto ineluttabile. Fu più un caso
fortuito che una reale intenzione.
Secondo
molti storiografi, soprattutto stranieri (Dennis Mac Smith e
Martin Clark), che sono i più oggettivi e quindi attendibili, il
Mezzogiorno d'Italia avrebbe avuto migliori chances se fosse rimasto
uno Stato indipendente.
Mito
n. 4 “L'idea di Patria era a quei tempi già forte e radicato.”
Niente
affatto. Pare che, all'opposto, il concetto di Italia venne costruito
dopo averla fatta. “Fatta l'Italia, ora bisogna fare gli
Italiani”, si disse.
Ma
una parte degli Italiani non sapeva cosa fosse l'Italia, “Mio
padre era borbonico perchè non credeva, non immaginava davvero
l'unità” (Francesco Saverio Nitti, Nord e
Sud), l'Italia era come un pianeta sconosciuto in una
galassia lontana, mentre un'altra parte non ne voleva sapere, tanto
che ci vollero oltre dieci anni di dura occupazione militare per
convincerli (100.000 soldati piemontesi e più morti di tutte le
battaglie per l'Unità d'Italia messe insieme). “A Italiani
(meridionali) che, rimanendo Italiani, non volessero unirsi a noi,
non abbiamo diritto di dare archibusate.” disse con rara
onestà intellettuale Massimo d'Azeglio. Questi anni sono
passati alla storia come Repressione del Brigantaggio, ma in
realtà la loro storia è ancora tutta da scrivere, anche se è
difficile. Gli atti relativi alla lotta contro i briganti sono ancora
coperti dal segreto di stato e non sono accessibili agli studiosi.
Cosa bisogna nascondere dopo oltre 150 anni?
Mito
n. 5 “I politici moderati del Nord furono moderati nei confronti
del Sud.”
Mai
accaduto.
“I
beduini a confronto di questi caffoni (sono) fior di civiltà”,
scriveva Luigi Carlo Farini e Marco Minghetti gli
faceva eco: “Credo che un po' di metodo soldatesco sia
medicina salutare a codesto popolo.”
E
se questi erano i moderati, non oso immaginare cosa potessero essere
gli estremisti. Si salvarono, forse, soltanto i moderati meridionali,
che si affrettarono a respingere l'idea che il Sud arretrato fosse da
considerarsi territorio di conquista del Nord progredito e a negare
che il suo Popolo fosse come un bambino da educare con le cattive.
Moderati
che non seppero riconoscere compatrioti nei volti di vecchi, donne e
bambini, torturati, violentati e a volte bruciati vivi nei massacri
di Montefalcione, Pontelandolfo e Casalduni.
Mito
n. 6 “La mafia era preesistente all'Unità d'Italia.”
Come
dicevo nello sfatare il Mito n. 2, era in atto uno scontro,
tutto interno al Regno delle due Sicilie, fra le due Nazioni che lo
componevano, un grande conflitto fra Napoli e la Sicilia,
quest'ultima autonomista, insofferente e determinata a liberarsi dal
giogo napolitano. Non è affatto un caso se la
spedizione dei Mille ebbe inizio proprio dall'isola.
Le
camicie rosse furono agevolate da una protomafia data
per esistente già nel 1834 sotto forma di “unioni o
fratellanze, capitanate da possidenti o arcipreti(!)”
(Pietro Calà Ulloa, magistrato del Regno delle Due Sicilie,
potrebbe essere considerato il primo magistrato antimafia della
storia), veri e propri piccoli governi che gestivano i rapporti
civili e la giustizia, sostituendosi all'autorità del Re. Ma fu
proprio durante l'epopea garibaldina che la mafia assunse quel
controllo totale del territorio, che avrebbe mantenuto anche
nell'Italia post-unitaria.
Per
terminare il discorso sull'astio dei Siciliani verso il Regno delle
due Sicilie, aggiungo la notizia riportata da Salvatore Lupo
in L'unificazione italiana, secondo cui Giuseppe Beoti,
una camicia rossa garibaldina, riferì che alcuni preti e frati
promettevano un posto in Paradiso per chiunque avesse combattuto
contro i Borboni per la Sicilia. Predicatori di una jihad
tutta meridionale?
E
per finire - e qui viene da piangere – l'Unità d'Italia fu
proclamata nel parlamento di Torino il 17 marzo 1861 in francese,
la lingua ufficiale dell'ex Regno Sardo.
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