Ieri
notte ho sognato di scrivere. Ero felice, da tanto non lo facevo. Tranquilli,
non è il blocco dello scrittore, almeno non ancora, mi sopporterete per un bel
pezzo su questo blog. Ho tante cose da dire, cose che diverranno presto materia
di scrittura e pensieri, angosce e sogni e incubi, che si fonderanno in parole,
che sublimeranno trame e nuove storie. No, ne sono certo, non è il blocco dello
scrittore. E’ più una sorta di raffreddamento, fugace e istintivo, della
sensibilità della mia mano destra. Essa non sente più la carta, l’inchiostro,
la penna, i tasti del computer, non sente più irrompere ondate frenetiche di
impulsi elettrici nei suoi stanchi tendini e non le converte più in scrittura.
E
la sinistra, intanto, cosa fa? Non so, vive di vita propria come se non fosse
più mia, come se appartenesse a qualcun altro. Non la riconosco più. L’arto di
un morto attaccato a un avambraccio mozzo, che non fa il suo dovere.
Quando
mi sono svegliato, tuttavia, ho dimenticato quello che avevo scritto e mi sono
molto rammaricato che il sogno non fosse la realtà. Allora, ho preso il primo
foglio a portata di mano, ho impugnato la penna e ho cominciato a scrivere.
Senza quasi rendermene conto.
Potere
dei sogni, magia della scrittura, arcano incantesimo che li imprigiona in un
pezzo di carta.
Il blocco, se mai c’era stato, è svanito. La
sensibilità è tornata a pulsare nelle mie mani, come un’ondata di calore sano e
dolce. Avvertivo al tatto, in rilievo, le parole allineate sul foglio a opera
della mia penna, come un muto, ma nitido alfabeto Braille che avevo,
finalmente, imparato a decifrare.
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