Il portello si richiuse con un tonfo
e Mac O’Neil, legato stretto come un salame al seggiolino, parlò alla radio.
Qualcuno da qualche parte, con una voce lontana come fosse dall’altra parte del
mare, per qualche motivo sconosciuto, si mise a contare alla rovescia: “Sette…
sei… cinque… quattro… “
Non
arrivò a tre che si ebbe un fremito nella struttura, come se O’Neil tremasse, a
due il sussulto crebbe fino a farsi terremoto e a uno sulla terra fiorì un
vulcano di fiamme e bagliori, poi l’argentea prua del razzo s’immerse nel buio
mare cosmico e si coprì del riflesso delle stelle.
O’Neil si affacciò al finestrino. Là
fuori vi era il regno della notte, oscuro e misterioso, un buio fitto e
impenetrabile. Le stelle vorticavano a velocità fantastiche e buchi neri
s’aprivano a poca distanza dal suo razzo.
A circa metà del tragitto, Mac
O’Neil trasalì. In lontananza, un bagliore si avvicinava a grande velocità. Il
luccichio rivelò una sagoma argentea che s’ingrandiva sempre più. Un razzo
uguale al suo viaggiava a velocità spaventosa in direzione della Terra. Mac
O’Neil si attaccò alla radio.
“Un razzo proveniente dalla Luna? In
volo verso la Terra?”
Chissà perché dal centro di
controllo rispondevano con domande alle sue domande.
“Mantenga la rotta e buona fortuna”
gracchiarono dalla Terra e Mac O’Neil avrebbe voluto fare altre domande, ma la
comunicazione s’interruppe e restò solo nel silenzio dello stretto abitacolo.
Sul riflesso del suo casco le stelle scorrevano a velocità vertiginosa e gli
parve di precipitare in un abisso. Ma non ebbe il tempo di preoccuparsi, che
già la Luna mostrava il suo bel viso, enorme e burroso, come il faccione di una
grassa signora. Era arrivato.
Sorvolò boschi e deserti e alte
montagne coperte di neve. Infine, atterrò in un prato pieno di margherite. Aprì
il portello, saltò fuori e si nascose dietro il corpo argenteo del razzo. Non
c’era anima viva. L’odore pungente dei
gas combusti si dissipò e si sentì solo il profumo dei fiori e della terra bagnata.
Il razzo, scivolando sull’erba umida durante l’atterraggio, aveva sbandato più
volte e ora puntava il suo naso di metallo verso una specie di alta torre che
si scorgeva in lontananza. Mac O’Neil corse a prendere il binocolo e,
armeggiando con la manopola della messa a fuoco, sulle sue retine si compose
l’immagine di un campanile.
“Accidenti” disse fra sé “Sembra
proprio la chiesa di Alverston”
Solo al calar della sera si decise a
lasciare il luogo dell’atterraggio e si diresse al villaggio che si stendeva
sotto il campanile. Si avvicinò furtivo e subito vide un’abitazione che, se non
fosse stata sulla Luna, si sarebbe detto che fosse quella del giudice Clarke.
Proseguì, e sulla soglia della chiesa vide addirittura il reverendo Balthus. Poco
più avanti c’era perfino la casa del borgomastro Tennyson, esattamente dove
avrebbe dovuto essere. Udì anche l’ululato dei lupi, come nelle notti più
fredde del suo paese.
“E’
proprio Alverston” si disse, e non fu più sicuro di trovarsi sulla Luna. Svoltò
l’angolo della piazza e s’imbatté nel signor Kinglax, che lo salutò di fretta,
ma con cortesia. Le sue gambe proseguivano da sole su strade che conoscevano
bene e in breve si trovò davanti a casa sua. Aprì il cancello, che cigolò come
al solito, attraversò il giardino e bussò alla porta.
La
porta si aprì e si trovò di fronte sua moglie in vestaglia e bigodini. La
tavola era già apparecchiata per la cena. Dopo aver mangiato si sedettero sul
divano davanti al televisore. C’era il loro programma preferito, in tutto e per
tutto uguale a quello che davano sulla Terra, c’erano perfino le stesse
interruzioni pubblicitarie. Dopo qualche sbadiglio s’infilarono a letto e sotto
le coperte egli ebbe quella donna, come aveva la moglie della Terra.
Il
mattino dopo, O’Neil si svegliò prestissimo, salutò la moglie e decollò con il
suo razzo. Era a metà strada – aveva impiegato meno tempo dell’andata, perché
il viaggio di ritorno era in discesa -, quando incrociò un razzo uguale al suo.
Stavolta, non fece domande inutili alla radio. Tirò la leva del freno
d’emergenza e il missile si arrestò con un forte stridore. Anche l’altro pilota
aveva fatto lo stesso e ora i due ordigni erano immobili nello spazio a non più
di cinque metri l’uno dall’altro. Mac O’Neil aprì il portello e lo stesso
fecero dall’altra parte.
Con
sua enorme sorpresa, vide un altro Mac O’Neil ai comandi del razzo, come uno
specchio che guarda un altro specchio. I due si osservarono per un pò, poi Mac
O’Neil che veniva dalla Luna buttò un “Oilà!” al quale Mac O’Neil che veniva
dalla Terra rispose: “Aliò!”. I due parlavano e si muovevano simultaneamente,
ma con grande incertezza, proprio come quando si prova un discorso davanti allo
specchio. Non c’era verso di avviare una conversazione, l’uno rispondeva alla
domanda dell’altro con identica domanda; perciò, si salutarono con un cenno del
capo e richiusero i portelli. I motori lanciarono vive lingue di fiamma e i
razzi sfrecciarono nel buio della notte.
Appena
messo piede a terra, Mac O’Neil si precipitò a casa sua. Alverston era rimasta
come l’aveva lasciata. Sua moglie gli aprì in vestaglia e bigodini. Era come
sempre, tuttavia gli parve stanca e assonnata, come dopo certe notti.
Egli
la strinse fra le braccia e la baciò. “Mi sei mancata tanto” disse.
“Ma
se sei appena uscito” fece lei.
Mac
O’Neil si accese un sigaro e si buttò sul divano. I ceppi scoppiettavano nel
camino, sua moglie era accanto a lui e fra poco sarebbe cominciato il loro
programma preferito in tivù. In quel momento decise che per nessuna ragione al
mondo avrebbe più lasciato Alverston.
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ANGELO MEDICI
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L’astronauta Mac O’Neil, il giudice Clarke, il reverendo Balthus, Tennyson, il signor Kinglax e Alverston sono personaggi e luoghi tratti dai racconti di Cesare Zavattini, al quale questo mio modesto racconto è un umile omaggio. Ritrovare luoghi, persone e oggetti familiari su un altro corpo celeste è invece invenzione di Ray Bradbury (Cronache marziane). Ma il misterioso razzo che incrocia durante il viaggio e pare contenere un sosia, pone un altro dubbio e un’ulteriore questione. I luoghi, le persone e le cose della Luna sono uguali a quelle della Terra, come uno specchio che riflette un altro specchio? E se per caso un terrestre vola verso il satellite, un abitante della Luna sfreccia verso la Terra, prendendo il suo posto?
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