Scrivo di me senza precauzioni, senza
compromessi, senza risparmiarmi nulla. Scrivo di cose che fanno male. I miei
racconti, i miei romanzi, le mie storie sono tragiche e amare. La vita non ha
lieto fine. Per questo, dico, la scrittura, se è sincera, è devastante, è una
forma d’introspezione psicologica che scava nelle profondità abissali
dell’anima, dentro oscurità inimmaginabili. Ma, tanto è spietatamente
devastante, quanto è straordinariamente catartica, salvifica, liberatoria. Per
me, il foglio bianco e la matita sono lo psicologo e il suo lettino. Vi
assicuro che due ore di scrittura sono meglio di una seduta di psicanalisi. Mi
sento, ogni volta, leggero, sereno, quieto, come essermi tolto un peso. Ed è
sempre stato così, fin da quando non ero che un adolescente che scoppiava di
pus e testosterone.
Ma, non ho ancora detto tutto, non ho
ancora scritto di cose che non ho il coraggio di narrare. Esse si nascondono
nel buio dentro di me, rifuggendo qualsiasi tentativo d’indagine, qualunque
sprazzo di luce e, come la luce è necessaria per impressionare una lastra
fotografica, così ho bisogno di luce, di molta luce, per tingere i fogli in
nero con quelle vicende. Ma dovrò farlo senza ipocrisia, ancora una volta senza
precauzioni, senza compromessi, senza risparmiarmi nulla.
Forse, fondamentalmente, ho più paura di
diventare grande che di essere mediocre. Da qualche parte, non ricordo più
dove, ho letto che la nostra paura più profonda non è di essere inadeguati.
La
nostra paura più profonda è di essere potenti oltre ogni limite.
E’ la nostra luce, non la nostra ombra,
a spaventarci di più. Io devo ancora capire se ho una luce dentro e se questa
luce, ammesso che ci sia, è più forte della mia ombra. Se non avrò paura e
lascerò che la luce rischiari i miei abissi e mi faccia trovare la forza di
raccontare anche quello che non si può raccontare, allora diventerò grande; se,
come temo, troverò più comodo rifugiarmi fra le ombre, la mia essenza creativa,
sia essa narrativa che musicale, si spegnerà poco a poco sulla pagina come su
un ordinario letto di morte e le mie parole, ormai inutili, spente e fredde,
giaceranno su una scrivania piena di altre cose banali, dozzinali e
insignificanti.
La collezione di una vita.
La frase "La nostra paura più profonda non è di essere inadeguati. La nostra paura più profonda è di essere potenti oltre ogni limite. E' la nostra luce, non la nostra ombra, a spaventarci di più" , alla quale il gioco di luci e ombre del post era ispirato è di Nelson Mandela.
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