“Io non ho più piacere di stare con te”.
Non ce l’ho più. Mi sono imposto, e ho smesso, di desiderarti, per evitare
continui rifiuti, continue frustrazioni. Desiderarti non serve a niente.
Quindi, non ti desidero più, perché so bene che desiderarti è inutile. Per me
sei e resterai un grande mistero, proprio non ti capisco. Non comprendo la tua
freddezza, il tuo continuo anteporre altri a me.
Io sono sempre l’ultimo della lista,
quello che chiude la fila, che chiude la porta, che butta i rifiuti nel
cestino, quello che, se avanza tempo, bene, altrimenti, va bene lo stesso. Io sono
quello che non chiede più, perché conosce la perfetta inutilità della domanda.
E dell’attesa.
Io sono quello che non ti cerca più,
perché sa della profonda futilità della sua ricerca. E sono anche quello che si
meraviglia della tua meraviglia, del tuo stupore a sentirsi dire le cose che ho
appena detto, come fossero bizzarrie inesplicabili profferite da un essere
venuto da mondi lontani e non semplici conseguenze del tuo atteggiamento.
Come
non si può vivere a tempo, a termine, a part time, così l’amore non può
attendere turni e scadenze, non può aspettare che la persona amata ci degni
della sua attenzione. Così, come un fiore che, una volta, era stato bello e
profumato, esso sfiorisce, invecchia e muore.
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