Perdido en el corazòn
de la grande Babylòn.
(Manu
Chao)
Quello
che fa più male
è ciò
che non puoi avere.
(Antonio
Scafa, filosofo amatoriale)
La Spagna mi
accolse di notte, come una tenera amante, madre e puttana, fra le dune sabbiose
delle Baleari e il Mediterraneo silenzioso. Davanti a me si apriva una nuova
vita e la brezza marina mi alitava in viso il profumo dell’ignoto.
L’autobus
arrancava faticosamente nelle strette calli della cittadina balneare e mi
accorsi ben presto di non essere stato il solo ad avere avuto la balzana idea
di dare sollievo alle peregrinazioni del cuore, tuffandomi in un viaggio così
lontano dal mio stile.
Sui sedili in
fondo alla corriera, sedevano speranzosi, italiani dal cuore infranto.
- Un rifugio confortevole e conosciuto
La ragazza ballava al centro della pista, poi mi
guardava e sorrideva, dimenando i fianchi al ritmo di una musica assordante. Le
sue gambe sottili, sospese su tacchi ancor più sottili, si muovevano al pari di
quelle di un trampoliere nella massa di corpi sudati. L’allegro caos della danza
ci portò vicini.
Danzammo insieme. Io la prendevo per i fianchi,
assecondando il ritmo della musica e lei abbandonava la testa sul mio petto,
come per cogliere un momentaneo riposo. Ma, di tanto in tanto, senza preavviso,
voltava le spalle e andava a ballare da sola, al centro della pista. Eppure tornava
ogni volta sui suoi passi.
Le
mie mani si facevano intraprendenti e le afferravano i fianchi con vigore,
carezzandole il ventre e la schiena, come se conoscessi quel corpo alla
perfezione e in un’altra vita lo avessi amato. Più osavo, più si arrendeva a me
e la sua testa tornava ad abbandonarsi sul mio petto, come se ritrovasse un
rifugio confortevole e conosciuto.
- Due bicchieri di gin lemon
Non dimenticherò mai quella notte che le
dissi davanti a due bicchieri di gin lemon: “Sus ojos estàn como estrellas” (1), e lei rideva di gusto, di un
riso pieno che le riempiva la bocca e le faceva brillare gli occhi, e diceva
che gli uomini, che siano italiani che siano spagnoli, son tutti uguali, sempre
pronti a stordire le donne con cascate di parole dolci, per poterle scopare
senza sentimento, mentre il barista scuoteva la testa e pensava: “Tutti uguali
questi italiani! Sempre pronti a fregarci le donne. Ma perché non se ne stanno
a casa loro?” e nell’aria andava una musica latina, avvolgente e sensuale e
c’era chi cantava: “La vida es pura
pasiòn” (2).
Non dimenticherò mai quella notte che lei
disse: “Vamos a bailar al Tito’s. Adios!”
(3), mentre rideva di gusto, di un riso pieno che le riempiva la bocca e le
faceva brillare gli occhi, e sparì per le strade del porto, e il barista
scuoteva la testa e pensava: “Tutti uguali questi italiani! Sempre pronti a
innamorarsi della prima femmina che gli si para davanti. Ma perché non se ne
stanno a casa loro?” e nell’aria andava lo stesso ritmo latino, potente e
delicato, avvolgente e sensuale.
(1)
”I tuoi occhi sono come stelle.”
(2)
“La vita è pura passione”
(3)
“Andiamo a ballare al Tito’s. Addio!”
3. La regina delle puttane
“Andiamo a fare l’amore!” disse la
nigeriana cingendomi i fianchi sotto una palma. Io palpai quella scultura di
ebano e avorio e chiesi: “Quanto?”.
“Tremila pesetas.”.
Andammo dietro l’albero. La presi per la
vita e l’attirai a me. Sentivo forte il suo odore di donna e di polvere e
sudore e del sole della strada.
“A proposito” feci “Domando sempre
pagamento anticipato, quindi fuori i tremila”
Lei mi guardò sbigottita, i suoi grandi
occhi neri s’accesero nella notte. Poi comprese.
“Tu disgrassiato!” disse e mi afferrò
dolcemente per il collo, mentre un inaspettato sorriso rivelava i suoi nobili
lineamenti.
Era bella. Avrebbe potuto essere una
principessa in terra d’Africa, ma in quella notte di Spagna era solo la regina
delle puttane.
4. Nella casa a occhi chiusi
L’aria sapeva di corpi sudati, di profumo
da donna in svendita al centro commerciale, dolciastro e nauseante come una
bibita gassata e di accessori in latex. Avrei potuto scrivere una storia a
occhi chiusi, lasciandomi guidare solo dagli odori e dai suoni che il respiro
artificiale del condizionatore mi portava al naso e alle orecchie.
Sentivo attraverso la mano il velluto dei
divani del privèe, il freddo bagnato
dei bicchieri, il velluto di gambe di donna e ancora il velluto dei divani del privèe. Poi, la piacevole freschezza di
un giovane corpo sconosciuto, labbra umide e calde sulla pelle, la trepidazione
di una bocca in attesa e la soffice consistenza di seni sontuosi.
E il fruscio di letti disfatti nel buio di
una stanza, il tintinnio del ghiaccio nei bicchieri e il lamento di una donna,
come un canto.
5.
Fratelli e sorelle del Kossovo
Shefrah distendeva il corpo sinuoso e poggiava la
testa sull’anca di Nydah. Nydah abbandonava il capo su un fianco di Shefrah. I
capelli corvini delle sorelle kossovare si fondevano in una sola fluente chioma
che ardeva come viva fiamma e il sole plasmava sulla sabbia l’ombra di una
figura mitologica bicefala. Così unite, si crogiolavano al sole, languidamente
distese sulla spiaggia del mare. Nessuno osava avvicinarsi a meno di cinque
metri dalle ragazze e tutti sapevano perché. Tranne gli italiani.
Quando gli audaci militi
dell’italica avanguardia estesero il loro territorio di conquista agli
asciugamani occupati del Kossovo, conobbero anch’essi la verità e pensarono
bene di chiedere l’intervento delle Nazioni Unite.
“Non possiamo uscire,
non possiamo andare in discoteca, non possiamo parlare con gli estranei.”,
disse Shefrah.
“Nostro fratello non vuole.”
6. Il dipinto appena servito
La paella
bollente esalava vapori profumati dalla scodella di coccio smaltato. Il nero di
seppia sovrastava il rosso pompeiano dei pomodori, e gamberi dai riflessi
ramati e mitili di bistro erano esposti come in una natura morta. I crostacei
sfumavano la loro lucentezza nel biancore del riso e la birra gelata Cuzcos spargeva bagliori giallo cadmio
alla vivida luce del sole.
Poco lontano, Paco
il cameriere ammirava soddisfatto il dipinto appena servito.
7.
Un’azione, un gol
Il Real Madrid avanzava impetuoso,
travolgendo la pur strenua difesa del Deportivo La Coruna. Alle azioni
della squadra di casa mancava, però, il gol.
Le amiche spagnole giocavano a carte,
prestando un occhio distratto alla televisione e, di tanto in tanto, al gioco. La
loro attenzione era tutta per gli ospiti dell’albergo. Erano letteralmente
rapite da volti stranieri, da sguardi inconsueti, da gesti insoliti. Il
fidanzato inglese non si curava affatto di loro, mostrava grande interesse per la
partita, non perdendosene un’azione e non gli importava alcunchè degli ospiti
dell’albergo.
Le ragazze erano molto attratte dagli
italiani. Con loro avevano instaurato un reciproco gioco di sguardi e sorrisi. Il
loro interesse era contraccambiato e cresceva a ogni nuova occhiata, ma non aveva
ancora raggiunto il livello che gli italiani speravano.
Ma, dopo tante azioni del Real, la prima e
unica folata offensiva del Deportivo ebbe il dono della trasformazione in rete.
Le ragazze esultarono.
Entrò in quel momento un giovane dal volto
misterioso, si affacciò sulla porta e con un solo sguardo abbracciò l’intero
salone. I suoi occhi azzurri scintillarono nella penombra e si soffermarono per
un breve istante sulle due amiche. Poi uscì e tornò in strada.
Le ragazze si erano ammutolite sotto il
peso del suo sguardo e arrossirono. Era forse l’uomo più bello che avesse mai
calpestato la terra di Spagna? Esse si guardarono in volto alcuni istanti e
decisero che si, lo era. Si alzarono dal tavolo da gioco, attraversarono la
hall ticchettando e si affrettarono a raggiungerlo.
Non avevano degnato di una parola o di uno
sguardo gli italiani, né tantomeno il fidanzato inglese.
La partita intanto era terminata. Egli
spense il televisore e si avvicinò agli italiani.
“Un azione, un gol” disse loro e si
avviarono insieme al bar a berci su.
8. La danzatrice
La danzatrice sul cubo osservava un
tedesco attempato con l’addome voluminoso, sdraiato comodamente sul lettino da
spiaggia, guardava un gruppo di giovani che tracannava sangria, attingendola da
una colonna di plastica trasparente alta più di un metro e notava la sbronza
allegra di un crucco dagli occhi neri. Quindi il suo sguardo si soffermava su un
paio di donne dai capelli corti che sghignazzavano sorseggiando grossi boccali
di birra e sui fianchi ancora acerbi di certe ragazzine bionde che si
dimenavano nel ritmo forsennato e pensava che da più di un’ora si trovava
lassù, seminuda, esposta agli sguardi di tutti, ad agitarsi a suon di musica.
Allora, s’immaginò trasparente come l’aria
e le parve che gli sguardi le trapassassero il corpo da parte a parte senza
farle alcun male. Come avrebbe voluto liberarsi dalle catene della gravità che
la tenevano ancorata a quel pulpito traballante. Allora, si concentrò ancora un
poco e si sentì subito libera e leggera, senza peso.
Un tedesco alto e forte chiese alla
cameriera di portargli dell’altra sangria, una donna di mezz’età, ma ancora in
grado di attrarre sguardi maschili, si arrampicò su un alto sgabello e accavallò
le gambe, mentre un’altra, più giovane, diede un bacio sulla bocca all’uomo che
le stava accanto. Intanto la danzatrice si sentiva sempre più lieve e sempre
più trasparente e non si rendeva conto di aver smesso di danzare. E rimase immobile
sul cubo come una statua su un piedistallo.
Prima una mano, poi un’altra e un’altra
ancora, la additarono e mille occhi si fissarono su di lei, a rimirare quell’insolito
avvenimento. Ma la ballerina, con gli occhi sognanti e persi nel vuoto, non si era
accorta di essere diventata, all’improvviso, oggetto di tanta attenzione.
Perfino la musica si arrestò e un silenzio irreale calò sulle persone. Tutti
guardavano a bocca aperta con il volto dipinto dallo stupore, alcuni
boccheggiavano come pesci perché la sangria si era fermata loro in gola e
articolavano espressioni gutturali e incomprensibili.
Nulla aveva più alcun senso, come il sole
che tramontava e la folla ammutolita, e il cubo pareva un piedistallo
abbandonato dalla statua che doveva sostenere. La danzatrice aveva spiccato il
volo e planava ora sulla spiaggia, ora verso i bassi fondali vicino alla costa,
dove indugiava sospesa nell’aria e, assumendo nel suo volo più destrezza ed
equilibrio, si diresse, senza più timore, verso il mare aperto.
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