Nell’ultimo capitolo, tutto si
ricompone, ogni cosa va al suo posto. Sotto la neve, le storie degli altri trovano
compimento e diventano finalmente le nostre. Lo scrittore Corte, intirizzito dal freddo, scrive accanto al camino ma, come un
lupo che perde il pelo sì, ma non il vizio, tiene lo champagne al fresco nella
neve del terrazzo. La neve ricopre anche la tomba del signor Langelet, troppo attento a salvare le
sue preziose cose, tanto concentrato a curarsi di se stesso, da non accorgersi
di morire. E madame Pericand
scavalca tranquillamente la lunga fila al negozio di alimentari, ma è fiera e
tranquilla, sa che le è dovuto per il suo rango di madre di famiglia numerosa e
fiocchi di neve s’impigliano nel velo nero del lutto. I suoi occhi incrociano
per un istante, sfiorano appena le figure curve nel freddo dei coniugi Michaud, eternamente insieme come
gemelli siamesi, perfino a tremare nel freddo dell’inverno parigino nella fila
per il pane. Anche in campagna, tranquillo rifugio del loro unico figlio
scampato alla guerra e alla prigionia, il tempo scorre lento e uniforme sotto
il cielo grigio e gelido.
Al termine della narrazione, ci rendiamo
conto che queste vite d’altri ci sono familiari, ci sono entrate nel cuore e
nell’anima, ci sono familiari come se ci appartenessero, sono un po’ anche le
nostre. Perché gli altri siamo noi.
Temporale di giugno fa parte, insieme a Dolce, di Suite
francese, un dittico composto da Irène
Nèmirovsky, scrittrice ucraina trapiantata in Francia, tra il 1941 e il
1942. E’ la sua ultima opera. Se la possiamo leggere, vuol dire che i miracoli
avvengono.
Tempete de juin e Dolce sono stati scritti in grafia
fitta e minuta, per risparmiare pagine e inchiostro, su un’agenda che conteneva
anche riflessioni e pensieri dell’autrice. Il 13 luglio 1942 la Nèmirovsky fu arrestata
e portata a Pithiviers perchè di origine ebraica e l’agenda finì in una valigia
che ella non ebbe il tempo o il modo di portarsi dietro. Nonostante
innumerevoli tentativi, nessuna notizia pervenne ai familiari circa la sorte
della scrittrice.
Ma la situazione, già grave, si fece
drammatica. Denise e Elisabeth, figlie della scrittrice, vennero anch’esse
perseguitate, nonostante fossero cattoliche, perchè discendenti di ebrei e la
valigia, che conteneva, oltre all’agenda, anche i loro effetti personali, le
seguì nelle peregrinazioni per tutta la Francia in cerca di salvezza. Finita la
guerra, esse preferirono non leggere mai l’agenda della scrittrice,
accontentandosi di tenerla tra le mani e inspirarne il profumo di pelle della
rilegatura e della carta ingiallita, sperando di sentire, o anche solo
d’intuire o immaginare, il profumo della loro madre. Forse, temevano più di
tutto di accrescere le loro pene, ripercorrendo nelle pagine del diario i suoi travagli
negli ultimi disperati giorni che ne precedettero la scomparsa.
Forse per curiosità, forse perché
sentiva in qualche modo di doverlo a sua madre, Denise, la figlia maggiore
della scrittrice, vinse le residue resistenze e cominciò a sfogliare quelle
vecchie pagine, rovinate dal tempo e dalle troppe fughe disperate e capì subito
che quello che riteneva una sorta di diario intimo della scrittrice era, in
realtà, una vera e propria opera letteraria, l’ultimo romanzo di Irene
Nèmiroksky. Un’opera complessa, una sorta di romanzo sinfonico in cinque movimenti,
dei quali, tuttavia, solo i primi due erano stati completati, mentre gli altri,
Captivitè,
Batailles
e La
Paix, erano appena abbozzati.
L’opera fu pubblicata con il titolo di Suite
francese soltanto nel 2004, come aveva previsto la stessa Nèmirovsky: “Ho
scritto molto. Saranno opere postume, temo, ma scrivere mi fa passare il tempo.”
Il tempo che la separava dalla deportazione ad Auschwitz, dove venne uccisa, poco dopo il suo arrivo, il 17 agosto
1942.
“Sulle
tracce di mia madre e di mio padre, per mia sorella Elisabeth, per i miei figli
e i miei nipoti, queste Memorie da
trasmettere, e per tutti quelli che hanno conosciuto e ancora oggi conoscono il
dramma dell’intolleranza”.
(Denise
Epstein, dalla prefazione a Suite francese).
Nessun commento:
Posta un commento