Georg
Trakl nacque a Salisburgo, città natale di Mozart,
il 3 febbraio 1887. Nel 1914 iniziò a cercare un editore per Sebastian
in sogno, una raccolta delle sue poesie. Ma, proprio quell’anno,
scoppiò la guerra e il 24 agosto fu spedito al fronte, in Galizia. A ottobre, provato fisicamente e mentalmente dagli orrori
della guerra e, senza aver avuto più notizie dall’editore, tentò il suicidio. Fu
ricoverato in ospedale a Cracovia.
Nella primavera del 1915 Sebastian in sogno fu finalmente
pubblicato, ma Georg non potè saperlo, poiché era morto l’anno precedente, poco
dopo il tentativo di suicidio. Aveva solo ventisette anni.
Perché ho voluto raccontare questa
storia?
Perché Georg Trakl è stato riconosciuto, tardivamente, come uno dei
maggiori poeti austriaci e la sua breve vita è stata il paradigma delle vite di
tanti altri giovani della sua generazione, bruciate nella fucina assurda e
incoerente della prima guerra mondiale, della quale quest’anno ricorre il
centenario.
Ma, ecco, alcuni dei suoi versi più
belli.
Un
antro nero è il nostro silenzio:
ne
esce a volte un animale mite
e
lento abbassa le pesanti palpebre.
Nera
rugiada bagna le tue tempie,
l’ultimo
oro di stelle disfatte.
(An den Knaben Elis)
Un animale
azzurro
sanguina
lievi stille nel roveto.
Segni e
stelle
scivolano
nello stagno della sera.
Si è fatto
inverno dietro la collina.
(Elis)
Dietro ai
richiami cupi dei barcaioli
sempre
vengono
stella e
notte.
(Im Fruhling)
Il sole è
affondato in teli neri.
Nella stanza
vicina
la sorella
prova una sonata di Schubert.
Ai tuoi piedi
la sorgente azzurra,
e colma di
mistero
la quiete
rossa delle tue labbra.
(Unterwegs)
Vagare
nell’estate che tramonta,
lungo il
grano ingiallito dei covoni.
Sotto archi
imbiancati,
dove entrava
la rondine e usciva,
vino di fuoco
noi bevevamo.
(Abend in Lans)
Si è spento
l’azzurro dei miei occhi
in questa
notte,
il rosso oro
del mio cuore.
(Nachts)
Sopra lo
stagno bianco
sono emigrati
gli uccelli selvatici.
A sera soffia
dalle nostre stelle
un vento di
ghiaccio.
Sopra le
nostre tombe
si curva
la fronte
fracassata della notte.
(Untergang)
La notte
abbraccia guerrieri morenti,
il furioso
lamento delle loro bocche in frantumi.
Pure
silenziosa si raduna fra i salici rossa nube,
soggiorno di
un dio furente,
il sangue
sparso, argentea frescura;
tutte le
strade sfociano in nera putredine.
(Grodek, la sua ultima poesia)
Autunno: nero
incedere al limite del bosco; attimo di muto sfacimento. Cornacchie che si
sperdono: tre. Il loro volo somiglia a una sonata, piena di accordi e di
malinconia virile. Dallo stagno stellato il pescatore estrae un grosso pesce
nero, il volto carico di crudeltà e follia. Ed egli ondeggia in una barca
rossa, sopra i brividi di acque autunnali, vivendo nelle saghe tenebrose della
sua stirpe, gli occhi di pietra spalancati su notti e su incubi di vergini.
(Verwandlung
des Bosen)
Questi sono i versi e le parole. Georg Trakl se ne andò in punta di
piedi, le sue righe si persero nel silenzio e nell’oblio per molti, lunghi
anni. Poi la guerra, e più nulla.
“Dietro
a lui venne notte senza fine”
N.d.A. L’ultima frase è tratta da La metamorfosi del male.
Nella versione originale il verbo è al tempo presente.
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