lunedì 7 luglio 2014

Sebastian in sogno


 

Georg Trakl nacque a Salisburgo, città natale di Mozart, il 3 febbraio 1887. Nel 1914 iniziò a cercare un editore per Sebastian in sogno, una raccolta delle sue poesie. Ma, proprio quell’anno, scoppiò la guerra e il 24 agosto fu spedito al fronte, in Galizia. A ottobre, provato fisicamente e mentalmente dagli orrori della guerra e, senza aver avuto più notizie dall’editore, tentò il suicidio. Fu ricoverato in ospedale a Cracovia. Nella primavera del 1915 Sebastian in sogno fu finalmente pubblicato, ma Georg non potè saperlo, poiché era morto l’anno precedente, poco dopo il tentativo di suicidio. Aveva solo ventisette anni.

Perché ho voluto raccontare questa storia?

Perché Georg Trakl è stato riconosciuto, tardivamente, come uno dei maggiori poeti austriaci e la sua breve vita è stata il paradigma delle vite di tanti altri giovani della sua generazione, bruciate nella fucina assurda e incoerente della prima guerra mondiale, della quale quest’anno ricorre il centenario.

Ma, ecco, alcuni dei suoi versi più belli.

 

Un antro nero è il nostro silenzio:

ne esce a volte un animale mite

e lento abbassa le pesanti palpebre.

Nera rugiada bagna le tue tempie,

l’ultimo oro di stelle disfatte.

(An den Knaben Elis)

 

Un animale azzurro

sanguina lievi stille nel roveto.

Segni e stelle

scivolano nello stagno della sera.

Si è fatto inverno dietro la collina.

(Elis)

 

Dietro ai richiami cupi dei barcaioli

sempre vengono

stella e notte.

(Im Fruhling)

 

Il sole è affondato in teli neri.

Nella stanza vicina

la sorella prova una sonata di Schubert.

Ai tuoi piedi la sorgente azzurra,

e colma di mistero

la quiete rossa delle tue labbra.

(Unterwegs)

 

Vagare nell’estate che tramonta,

lungo il grano ingiallito dei covoni.

Sotto archi imbiancati,

dove entrava la rondine e usciva,

vino di fuoco noi bevevamo.

(Abend in Lans)

 

Si è spento l’azzurro dei miei occhi

in questa notte,

il rosso oro del mio cuore.

(Nachts)

 

Sopra lo stagno bianco

sono emigrati gli uccelli selvatici.

A sera soffia dalle nostre stelle

un vento di ghiaccio.

Sopra le nostre tombe

si curva

la fronte fracassata della notte.

(Untergang)

 

La notte abbraccia guerrieri morenti,

il furioso lamento delle loro bocche in frantumi.

Pure silenziosa si raduna fra i salici rossa nube,

soggiorno di un dio furente,

il sangue sparso, argentea frescura;

tutte le strade sfociano in nera putredine.

(Grodek, la sua ultima poesia)

 

Autunno: nero incedere al limite del bosco; attimo di muto sfacimento. Cornacchie che si sperdono: tre. Il loro volo somiglia a una sonata, piena di accordi e di malinconia virile. Dallo stagno stellato il pescatore estrae un grosso pesce nero, il volto carico di crudeltà e follia. Ed egli ondeggia in una barca rossa, sopra i brividi di acque autunnali, vivendo nelle saghe tenebrose della sua stirpe, gli occhi di pietra spalancati su notti e su incubi di vergini.

                                                                                                          (Verwandlung des Bosen)

Questi sono i versi e le parole. Georg Trakl se ne andò in punta di piedi, le sue righe si persero nel silenzio e nell’oblio per molti, lunghi anni. Poi la guerra, e più nulla.

Dietro a lui venne notte senza fine

 

N.d.A. L’ultima frase è tratta da La metamorfosi del male. Nella versione originale il verbo è al tempo presente.

Nessun commento:

Posta un commento