Tre
domande, sempre le stesse, che ci poniamo da milioni di anni, che
sopraggiungono, moleste e furtive, con la grazia di incubi silenziosi a
tormentare le nostre notti insonni.
Io
non voglio saperlo. Quando sarà, sarà. Giunta l’ora, non vorrò voltarmi
indietro, vorrei andarle incontro, a quell’ora, senza rimpianti, senza sensi di
colpa, con il cuore leggero e lo sguardo sognante, anche se… di colpe e
rimpianti ho accumulato una ricca collezione.
“Il vento, nato chissà come, se ne andò,
chissà dove”.
E
così vorrei sparire, come il vento, nato chissà come, svanito chissà dove.
Chissà
se? Chissà quando? Chissà?
(N.d.A. La frase citata tra virgolette è di Irène
Nèmirovsky, Tempesta di giugno)
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