1. I mostri nel romanzo dell'Ottocento
Perchè Jekyll e Hyde (1), Frankenstein e Dracula sono
nati nell'Ottocento? Quali pulsioni del subconscio li hanno generati?
Quali realtà fenomenica rappresentano?
Icone inquietanti del progresso scientifico
ottocentesco, nate dall'esigenza di esorcizzare il senso della
complessità di un contesto culturale in mutamento e della sua
percezione, scrive Michela Mancini (2). Ma la funzione sociale svolta
nel XIX secolo dal racconto di mostri (I
delitti della rue Morgue di Edgar
Allan Poe, Frankenstein;
o, il moderno Prometeo di Mary
Shelley), doppi (Lo
strano caso del dottor Jekyll e mister Hyde
di Robert Louis Stevenson,
Il ritratto di Dorian Grey
di Oscar Wilde),
metamorfosi e folli finirà per essere assunta dalla scoperta
freudiana dell'inconscio, della psicosi e della sessualità nel
Novecento.
Oggi chiudiamo la trilogia con l'ultimo grande romanzo
gotico, il Dracula
di Abraham Stoker,
detto Bram. E, per quanto mi riguarda,
possiamo iscriverlo a buon diritto fra i classici, intendo cioè
annoverarlo a quella congerie di scrittori senza tempo, contemporanei
del futuro, secondo la felice intuizione
di Guido Conti, che
hanno sempre qualcosa da dire a ogni generazione, che, non avendo
esaurito il fiato con quella a cui appartenevano, resteranno sempre
validi e attuali per le generazioni a venire.
2. La genesi
La rigenerazione del mito antichissimo del vampiro
(sempre vivi nell'Europa orientale i racconti sui wardalak
nei
Balcani, vrykolakas in
Grecia, strigoi
in Romania e infine, wampyr
in Serbia e Croazia) nella versione
moderna di Bram Stoker, è fortemente imparentata con la nascita di
Frankenstein. Fu una sfida letteraria a crear racconti tenebrosi di
una sera di fine estate del 1816 sul lago di Ginevra fra i coniugi
Shelley, il sommo
poeta Byron e il suo
amico e medico personale, John William
Polidori a dare la vita a due mostri: il
Frankenstein, appunto, di Mary Shelley e The
vampire del Polidori, che piacque molto a
Goethe in persona, il
quale lo scambiò, a causa delle fattezze eleganti e raffinate, per
un'opera dello stesso Byron. Ebbene proprio quest'ultimo racconto
ebbe a ispirare verso la fine del secolo lo stesso Stoker nella sua
opera sul conte transilvano.
3. Storia e leggende (e anche psicanalisi)
Ma prima ancora di avventurarci nell'analisi letteraria
del romanzo, non è sbagliato intraprendere una breve ricerca sulle
origini del mito e sulla storia che spesso s'intrecciano a delineare
la tetra figura del vampiro.
Contrariamente a quanto si possa pensare, la leggenda è
molto antica e non è limitata alle sole popolazioni dell'Europa
dell'Est. Figure di demoni che si nutrivano di sangue erano ben
presenti già nelle tradizioni dei popoli della Mesopotamia, fra le
popolazioni ebraiche e, addirittura, in epoca greca e romana, ma la
testimonianza più antica è quella persiana: alcune fonti
iconografiche rappresentano creature in atto di bere sangue umano.
La pratica funeraria della Grecia
classica di appoggiare un obolo (generalmente una moneta) sulle
labbra dei morti perchè potessero pagare il dazio e attraversare lo
Stige, può essere considerata una causa lontana per spiegare la più
tarda usanza di porre una croce di cera e un pezzo di porcellana con
l'iscrizione "Gesù
Cristo vince"
sulle salme prima del seppellimento per evitare che diventassero
vrykolakas,
vampiri.
Nel tempo e presso altre popolazioni, vennero in uso
pratiche per scongiurare il ritorno dei defunti nel mondo dei vivi,
come seppellire i morti a testa in giù, la rottura dei tendini
all'altezza del ginocchio o il posizionamento di semi o sabbia sulle
tombe, affinchè i defunti fossero occupati tutta la notte a contare
i granelli che cadevano all'interno della bara (3).
Una delle prime testimonianze di vampirismo è la
vicenda di Jure Grando, un contadino istriano morto nel 1656 che,
secondo i racconti locali, tornò misteriosamente in vita e
intraprese scorribande per bere sangue umano e importunare
sessualmente le donne del suo villaggio. Per fermarlo gli fu piantato
un paletto nel cuore, ma poiché questo metodo sembrò non
funzionare, fu infine decapitato.
A Venezia nel 2006 è stato ritrovato in una sepoltura
risalente al '500 il cadavere di una donna, che presentava un mattone
conficcato a forza nella bocca, fino a deformarla, una sorta di
contromisura per evitare la rinascita vampiresca.
I vampiri erano generalmente
descritti come esseri gonfi, con la carnagione scura, o sanguigna;
queste caratteristiche erano spesso attribuite alla nutrizione a base
di sangue. La creatura, osservata nella sua tomba, tendeva a perdere
sangue dalla bocca e dal naso, mentre denti, capelli e unghie
continuavano a crescere anche dopo la morte. Tuttavia, queste
sono caratteristiche che probabilmente furono tratte
dall'osservazione dei naturali processi tanatologici e di
decomposizione dei cadaveri, da ciò può essere nata la leggenda (ad
esempio, se per uccidere un vampiro era necessario infilargli un
paletto nel cuore, tale misura, con tutta probabilità, era nata
dalla constatazione che il paletto produceva lo sgonfiamento del
cadavere a causa della fuoriuscita dei gas della putrefazione).
Il
modello che ispirò Stoker per plasmare dalle tenebre e dal sangue il
conte Dracula è Vladislav
III di Valacchia Hagyak,
un personaggio storico realmente esistito. Vlad nacque a Sighisoara
nel 1431 e ben preso si guadagnò il nomignolo di Tepès
(l'Impalatore), poiché era solito far terminare in modo così
orribile le vite dei suoi nemici (una stampa dell'epoca lo
rappresenta mentre seduto a una tavola riccamente imbandita,
banchetta attorniato da sventurati infilzati sui pali). Egli
apparteneva alla casata dei Draculesti e per questo motivo è
conosciuto come Dracula (4).
Il personaggio tuttavia, a dispetto
della sua fama, è considerato un eroe popolare in Romania, per aver
protetto la popolazione dai Turchi. Morto in battaglia contro gli
Ottomani, fra il 1476 e il 1477, secondo alcuni la sua testa fu
tagliata e inviata a Costantinopoli insieme alla sua spada, secondo
altri morì a causa
di un (non banale) morso di pipistrello (!).
Non si conosce il luogo di sepoltura, anche se a partire
dall'Ottocento si è diffusa la voce che la salma di Vlad sarebbe
stata tumulata nel monastero
di Snagov,
che sorge su un'isola in mezzo a un lago. La tomba però, secondo
studi archeologici condotti nel 1933, sarebbe del tutto vuota e anche
questo ritrovamento (o meglio, mancato
ritrovamento) ha contribuito ad alimentare la leggenda.
In una interessante analisi del mito,
lo psicologo Ernest
Jones (5) ha
rilevato che i vampiri sono il simbolo di meccanismi di difesa
dell'inconscio attivati dalla perdita di una persona cara. Il
desiderio di ricongiungimento dei superstiti viene proiettato sul
defunto e pertanto, si ritiene che anch'esso desideri la stessa cosa
e tenti di tornare, soprattutto dal/dalla consorte. Tuttavia, nei
casi in cui il rapporto fra i coniugi era intorbidito in vita dai
sensi di colpa, il desiderio del ritorno (e di riavvicinamento, anche
sessuale) può essere sostituito da uno stato d'ansia (6), che lo
tramuta nel corrispettivo perverso, ovvero nel sadismo.
4. Il romanzo
La costruzione del romanzo è molto attuale, la
narrazione non è mai diretta, dalla voce dei protagonisti, ma ci
perviene dalle fonti più disparate: lettere, frammenti di diari,
articoli di giornale. La rappresentazione da più fonti,
eterodiretta, è quanto di più moderno si possa trovare in un
romanzo dell'Ottocento. E' storia viva, fresca, che si rinnova ogni
giorno con la lettura dalle fonti. Una sceneggiatura in cui tutti
hanno voce, tranne il vero protagonista, il vampiro, che impersona i
terrori ancestrali, segreti indicibili, cose che devono restare
nascoste. E la paura non ha voce.
Sul piano linguistico, Stoker non è mai stato ritenuto
un grande scrittore e la sua opera, in genere, e il Dracula, in
particolare, forse non può essere considerato un capolavoro della
letteratura, ma un capolavoro, in generale, lo è senz'altro. Nel suo
caso, la forza del personaggio è stata superiore alla qualità del
romanzo stesso, così come, ad esempio, lo Sherlock
Holmes di Conan
Doyle, in cui la fama del personaggio ha
superato quella del suo autore, la cui prosa non era affatto
memorabile.
Stoker si attarda e spesso indugia in descrizioni
minuziose, abbonda di particolari, a volte inutili e non essenziali
all'economia della narrazione, come denunciato anche dalla critica
del tempo, ma il reale pregio del suo romanzo , se non è la felicità
di linguaggio, è la costruzione su diversi piani di visuale,
plurisoggettivi, cinematografici, oserei dire. E in questa
edificazione strutturale a più livelli sta anche la vera natura del
romanzo.
Nonostante la critica, Stoker fu molto amato dai suoi
contemporanei, il suo romanzo ebbe un vasto seguito popolare e fu
oggetto dell'apprezzamento di illustri lettori, fra cui il pittore
preraffaellita Dante Gabriel Rossetti,
i poeti Eliot e
Tennyson, il grande
Oscar Wilde e perfino
il primo ministro inglese Gladstone.
Ma lasciamoci condurre nelle atmosfere gotiche e
nebbiose scorrendo le righe del romanzo.
“Ci sono misteri che gli uomini possono soltanto
intuire, che secolo dopo secolo possono solo in parte risolvere.
Credetemi, siamo sulla soglia di un mistero... E' tutto così feroce,
così misterioso e strano... quell'orrido senso della realtà delle
cose, in cui ogni sforzo dell'immaginazione sembra fuori luogo...
Vorrei essere lontano, al sicuro. Vorrei non essere mai venuto”
La scrittura è come un chiarore argentato nella notte,
che si spande sulla superficie di tutte le cose, lieve come un velo
di dama filigranato e prezioso. Può nascondere segreti, adombrare
misteri, velare i volti dei protagonisti e alterarne le sembianze, ma
alla fine ogni segreto dev'essere svelato, ogni mistero rivelato e il
terrore messo a nudo.
Quali sono le nostre
paure ancestrali, cosa può scatenarle? Riconoscere la natura ferina
degli esseri umani, l'adamantina
crudeltà
ben nascosta nel profondo dell'essere? Un sorriso maligno che deforma
la bocca e accende gli occhi dello scintillio
di un orrido basilisco?
L'odore del sangue, il tanfo della morte, il buio che nasconde il
fiato ansante dei predatori?
La paura è nel sobbalzo del cuore, quel gelo insidioso
nelle vene, è la morsa d'acciaio che attanaglia le tempie, la mano
d'ombra sulla bocca, che pare voglia fermarci il respiro.
“...quel gelo che assale al primo albeggiare,
molto simile al volgere della marea. Si dice che chi è in fin di
vita muore alle prime luci dell'alba o al mutar della marea.... C'è
qualcosa in quel vento, che ha suono, apparenza, sapore e odore”,
ma quel vento è gelido, addensa le nubi intorno alla luna e nulla si
muove, immobile come una nave dipinta su un oceano dipinto (7). Un
oceano buio e senza luna. Molte sono le ombre e scarsa è la luce.
“Nessun libro dopo il Frankenstein di Mary
Shelley, nessun altro libro si avvicina al tuo per originalità o per
la capacità di suscitare terrore”,
ebbe a scrivere Charlotte Stoker,
la madre di Bram, in occasione della pubblicazione del romanzo. E,
anche se le parole di una madre possono essere non esattamente
imparziali, soprattutto se rivolte all'opera di un figlio, la signora
Stoker probabilmente ci prese. La forza del romanzo sta proprio tutta
nelle sue parole: l'originalità e la capacità di suscitare terrore
può decretare il successo o l'insuccesso di una moderna opera di
genere.
5. Vlad l'Impalatore e il sesso
Il personaggio ha il suo indubbio fascino da seduttore.
Come non leggere in chiave altamente erotica le vicende di fanciulle
bellissime e discinte che abbandonano il collo al morso dell'uomo
pipistrello?
Ma il conte Dracula ha sempre incarnato, nel tempo,
anche i simboli di una sessualità perversa e forse deviata. Il suo
stesso aspetto fisico, la sua persona alta e magra, il viso emaciato
e affilato, ha molti punti di contatto con l'immagine ottocentesca
del masturbatore, secondo quello che scrive Leonard
Wolf, uno dei maggiori studiosi del mito, e
però presenta anche il “vago sentore di
garofano verde all'occhiello”,
il segno distintivo degli omosessuali durante l'Ottocento.
Tuttavia il colpo di grazia lo assesta l'Edgar Allan Poe
dei nostri tempi, ovvero il grande Stephen
King, nella prosaica visione espressa in
Danza macabra:
“Dracula (e del resto anche le sue
spettrali sorelle) sono morti dalla cintola in giù: fanno l'amore
soltanto con la bocca... Il sesso in Dracula si può considerare come
la fondamentale scopata con la cerniera lampo chiusa”.
6. Nosferatu a Hollywood (ma non solo)
Il lascito del personaggio di Stoker nel cinema è
sconfinato. Basti pensare che la prima pellicola ispirata dal
vampiro, Le manoir du diable,
fu girata nel 1896 da Meliès
(8) e apre una serie di almeno un migliaio di film, di svariato
genere, dall'avanguardia dell'espressionismo tedesco del Nosferatu
di Murnau (9), ai
classici dell'orrore del regista americano Tod
Browning: London
after midnight del 1927 (10), ma
soprattutto, il classico dei classici, il Dracula
del 1931, il primo in cui il Non-morto
fu impersonato dall'attore ungherese Bela
Lugosi, che s'identificò talmente nel
personaggio da credere di essere egli stesso una reincarnazione di
Dracula e dormire in un letto a forma di bara (11), per passare poi
attraverso il porno-gotico e pecoreccio degli anni '60 e '70, come
House on bare mountains,
in cui il Principe delle tenebre, Frankenstein e l'Uomo lupo sono
coinvolti in avventure erotiche, Malenka la
vampira, Dracula cerca sangue di vergine... e morì di sete!
e Does Dracula suck; e
negli anni Novanta e Duemila il melenso e commerciale blockbuster
Twilight, il
tentativo di umanizzazione di Intervista
col vampiro (1994) e il ritorno alle
origini del fondamentale Dracula
di Francis Ford Coppola
del 1992, con un supercast formato da Gary
Oldman, Winona Ryder, Keanu Reeves, Sadie Frost, Tom Waits e
Anthony Hopkins, in una parabola ascendente
in cui il personaggio negativo e terrificante dei primissimi tempi si
trasforma gradualmente in una maschera che sebbene ancora sinistra,
si rivela quasi affascinante e verso la quale, a causa della sua
condizione di dannato, si può provare compassione o addirittura
simpatia.
(1) Lo strano caso del dottor Je (dal francese je=io)
kyll (dall'inglese kill = uccido) e del signor Hyde (sempre
dall'inglese hide = nascondi). Lo strano
caso del dottor Iouccido e del signor Nascondi.
Inoltre, nell'invenzione del nome dello scienziato è probabile che
Stevenson abbia utilizzato la sequenza alfabetica progressiva jkl.
Mia teoria.
(2)
Vedere il progresso. Mostri, bambole e alieni nel romanzo illustrato
dell'Ottocento.
(3) Anche dalle mie parti c'era una credenza simile.
Secondo la tradizione, una semplice scopa di saggina posta fuori
dalla porta di notte può fermare le janare
(streghe), che non possono resistere alla tentazione di contarne i
fili, fino a farsi sorprendere dall'alba mentre sono ancora intente
alla conta. Tutto questo ricorda una nevrosi ossessiva,
l'aritmomania,
che consiste nell'impulso irresistibile di contare gli oggetti.
(4) Tuttavia, sembrano entrare in gioco altri
significati. L'epiteto dovrebbe provenire da drac,
che in romeno non vuol dire drago, ma diavolo e da draculea,
che significa figlio del diavolo.
(5) On the nightmare
(1931).
(6) Lo stesso meccanismo psicologico descritto anche da
Freud, che spiegò in
tal modo la paura dell'occulto.
(7) As idle as a painted ship
upon a painted ocean, in La
ballata del vecchio marinaio di Samuel
Taylor Coleridge (1798), citata non
casualmente nel romanzo.
(8) Il regista di Dalla terra
alla luna.
(9) Nosferatu, oder eine
symphonie des grauens (1922).
(10) Degna di nota, l'omonima band californiana di fine
anni '90.
(11) I Bauhaus
gli dedicarono la famosa Bela Lugosi's
Dead. Credo che fu eguagliato soltanto da
Frank Langella, ma ben
cinquant'anni dopo, con il Dracula
di John Badham del
1979.