In
questi giorni si sta svolgendo il referendum per l’indipendenza veneta. E’
stato enfatizzato molto, anche sulla stampa estera. Ma, prima di interrogarci
sulla validità giuridica di tale consultazione, voglio interrogarmi sui suoi
riflessi morali.
Ho
avuto tanto dal Veneto, lo ammetto, ma ho anche dato tanto, non risparmiandomi,
cercando di contribuire allo sviluppo di questa regione e, soprattutto,
seguendo i principi romani della giustizia: neminem laedere, suum cuique
tribuere, honeste vivere.
Ho
cercato, però, anche di far capire, nel mio piccolo, con chiunque parlassi,
ovunque mi trovassi, che non di solo pane vive l’uomo, che non solo di schei
abbiamo bisogno. Credo che il Veneto sia molto peggiorato da quando sono
arrivato, ormai, quindici anni fa e non mi fa piacere ammetterlo. Il
materialismo, la deriva etica, l’esasperazione dell’individualismo, un po’ per
naturale predisposizione, un po’ per la crisi economica, credo che qui abbiano
trovato terreno molto fertile e abbiano fatto ricco bottino di teste e di
cuori.
Non
so cosa mi succede, ma fino a qualche anno fa ero fiducioso, speranzoso, ottimista.
Oggi non lo sono più, qualcosa è cambiato. Non ho più voglia di confrontarmi
con l’altro veneto, sapendo già a fortiori che m’imbatterò
nell’ennesima delusione. Non per questo diventerò misantropo, giammai misogino.
Tra
uomini e donne venete preferisco quest’ultime, non solo per ovvi motivi, ma anche
per la maggiore apertura mentale che ho riscontrato in loro. In passato, avevo
letto di studiosi del comportamento umano che sostenevano la tesi secondo la
quale noi uomini siamo dotati di intelligenza
in linea retta, passiamo cioè velocemente dall’idea alla sua realizzazione,
saltando ostacoli e biforcazioni del pensiero e questo ci è stato utilissimo
per la caccia e per la guerra. Meno per i rapporti sociali. Ma secondo questa
teoria, le donne si differenziano da noi, oltre che per le caratteristiche
bio-somatiche, anche per la diversa morfologia del pensiero, tanto che gli
studiosi parlano di intelligenza
circolare. I pensieri delle donne fluttuano in circolo, esse soppesano e valutano
ogni elemento, oggetto, persona che le circonda, senza scartarne uno. E questo,
credo, sia fondamentale nello sviluppare relazioni sociali.
Questa
dicotomia delle metodologie di pensiero, oltre che essere un retaggio, spiegano gli scienziati,
della vita nelle caverne, quando gli uomini si dedicavano alla caccia e le
donne alla raccolta, si riflette sulle maggiori o minori attitudini degli uni e
delle altre verso la vita di relazione.
Ma
torniamo a me. Se in passato ho dato molto e cercato di utilizzare quel poco di
tempo libero di cui dispongo per cercare di migliorare le mie relazioni qui in
Veneto, oggi sento di non avere più nulla da dare. Qualcosa si è rotto.
Definitivamente.
Questo
referendum ha dato il colpo di grazia.
Cari
Veneti, io non vi capisco. Non capisco i vostri atteggiamenti, il distacco, la
freddezza, l’arroganza, l’indifferenza. I pregiudizi e l’odio verso il
Meridione. Non vi capisco quando parlate il vostro dialetto, non vi capisco
neppure se parlate italiano. Non è la lingua a dividerci.
Ho
sempre detto, scherzando, che tra me e il Veneto ce n’è uno di troppo e quello
di troppo sono decisamente io. E’ uno scherzo che si sta definitivamente
trasformando in realtà.
Se
potessi, me ne andrei da un’altra parte, in qualsiasi altro luogo ci sia da
rimboccarsi le maniche e costruire e darsi da fare, purchè il mio sudore e le
mie lacrime non cadano inutili sulla piatta desolazione di terre sterili.
In
questi giorni penso spesso al fatto che, pur avendo avuto la possibilità di
andare a lavorare all’estero, in Francia, per la precisione, ho preferito
restare in Italia, sia pure in una regione del ricco Nordest, ma nutro il forte
dubbio di aver commesso una sciocchezza. Il trauma dell’espatrio sarebbe stato certo
uguale, ma la sensazione di sentirmi straniero in una nazione straniera sarebbe
del tutto normale e forse mi ci sarei rassegnato, nella stessa misura in cui
non mi rassegno al fatto di sentirmi straniero
in terra italiana.
“Tu
proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e
'l salir per l'altrui scale” faceva dire Dante Alighieri al suo trisavolo Cacciaguida nel Canto Decimosettimo del Paradiso e, se glielo aveva
fatto dire lui, come una sorta di premonizione dell’esilio che avrebbe provato sulla
sua stessa pelle, dobbiamo credergli.
Ma
ora, permettetemi una progressione filosofico – morale – giuridica sulla secessione
e sull’indipendenza. E se estremizzo un pò i concetti, se porto gli assunti
alle estreme conseguenze, non è per il gusto di esagerare, ma per renderli
maggiormente comprensibili.
L’art.
1 dello Statuto della Lega Nord – Liga Veneta stabilisce che la finalità del
partito è “il conseguimento dell’indipendenza della Padania
attraverso metodi democratici e il suo riconoscimento internazionale quale
Repubblica Federale indipendente e sovrana”. Praticamente, il distacco del Nord dall’Italia, compreso il Veneto, per
crearne uno stato autonomo a tutti gli effetti, perché altrimenti, non si
spiega perché dall’estero dovrebbero riconoscerla come “Repubblica federale indipendente
e sovrana”, quando, invece, il rapporto stato federale – stato
federato, sancito dalle costituzioni degli stati che hanno, davvero, forma
federale (Germania, Stati Uniti,
Messico, perfino la Nigeria),
non è di indipendenza e sovranità del secondo rispetto al primo, ma è fatto di
distinti ruoli e competenze dello stato centrale e dello stato federato e di
obblighi reciproci dell’uno verso l’altro.
Quindi, che sia chiaro, questi vogliono andarsene
dall’Italia e l’hanno messo nero su bianco.
Ma il problema non finisce qui; occorre, infatti, fare
i conti con la Costituzione della Repubblica Italiana che, pur riconoscendo
ampi spazi di autonomia alle regioni, alle province e ai comuni, tuttavia,
federale non è. E già, la nostra tanto chiacchierata Costituzione, il testo
sacro, la grundnorm (pietra fondamentale) dello Stato, dice solennemente
che la Repubblica (Italiana, mica Burundese, con tutto il mio rispetto per il Burundi) è composta dallo Stato, dai
Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane e dalle Regioni, ciascuno con
i suoi poteri e la propria autonomia, ma di stati federali – federati non vi è
proprio traccia (articolo 114 comma 1).
Anzi, guai ad affermare che si vuole l’indipendenza,
la secessione e l’autonomia di porzioni del territorio, perché a fare da monito
c’è l’articolo 5 che avvisa, per chi non lo avesse ancora capito, che l’Italia
è “una
e indivisibile”!
Allora, io mi domando, perché se lo Statuto della Lega
Nord – Liga Veneta viola esplicitamente tutte queste disposizioni
costituzionali, il partito non è mai stato messo fuori legge e i suoi
rappresentanti siedono impunemente sui più alti scranni della Repubblica
Italiana, nella capitale romana tanto vituperata e con laute indennità,
naturalmente pagate da tutti gli italiani? Perché nessun magistrato ha mai
posto sotto inchiesta i vertici leghisti per violazione dell’articolo 241 del
codice penale, che una volta era considerato un reato talmente grave, da essere
punito con la morte, per avere commesso fatti diretti a “disciogliere l’unità dello Stato
o a distaccare dalla madre Patria” un territorio soggetto alla sua
sovranità, oppure, per avere infranto l’articolo 271 del codice penale che
punisce chi “promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni che si
propongono di svolgere o che svolgano un’attività diretta a distruggere o
deprimere il sentimento nazionale”? Avete sentito cosa dice il codice
penale?
SENTIMENTO NAZIONALE!
Più chiaro di così! E poi, ci vogliamo dimenticare
dell’articolo 291 sempre del codice penale (vilipendio della nazione italiana)? E dell’articolo 292 (vilipendio alla bandiera nazionale) che
dire?
Dovrebbero avere una fedina penale lunga così,
languire in carcere per tutta la vita, con la loro associazione partitica
dispersa con la forza della legge e invece, eccoli là, ancora assisi sulle
poltrone più ambite del potere, a deridere e sbeffeggiare l’Italia (esclusa
quella parte che, solo a loro, risponde al nome di padania)!
Io proprio non capisco.
Hai voglia a dire che lo vogliono fare “con
metodi democratici”, gli stessi metodi che pretenderebbero di adoperare
ora ripresi gli Indipendentisti Veneti con un referendum farsa, se lo scopo
viola la Costituzione, puoi essere democratico quanto ti pare, ma non si può
fare e basta! La Lega Nord – Liga Veneta
è fuori legge, come gli Indipendentisti
Veneti, la Polisia Veneta e con
loro tutti quegli altri gruppuscoli che vorrebbero rifondare la Serenissima. In un qualsiasi altro
stato normale e degno di questo nome tali “movimenti”
sarebbero stati dispersi al vento e i suoi rappresentanti incarcerati, ma da
noi no! Si danno addirittura incarichi ministeriali e ruoli parlamentari a
quelli che vogliono spaccare in due, tre o quattro l’Italia!
Non
so se si arriverà alla secessione e all’indipendenza. Ma intanto, cattivi
sentimenti hanno trovato spazio nel cuore degli uomini. Da Nord a Sud (e, ormai,
anche da Sud a Nord) ci si guarda con diffidenza, sospetto, odio.
La
secessione morale, ben più pericolosa, è già in atto. Non siamo più fratelli
d’Italia, a causa del continuo stillicidio di veleni attuato dai politicanti di
specie leghista o indipendentista, che ha fatto oramai acquisire come comune pensare
l’esistenza di un presunto stato del Nord Italia e la supposta inferiorità del
Mezzogiorno, la cui popolazione è percepita come la causa dei suoi stessi mali.
Tutto questo veleno prima o poi genererà i suoi frutti amari. Come si suol
dire, chi semina vento, raccoglie tempesta e ne avranno di tempeste da
raccogliere i “fratelli del Nord”.
Allora,
già che ci siamo, interroghiamoci su cosa potrebbe accadere, nel caso vi fosse
davvero la secessione del Nord, o del Veneto, dal resto d’Italia.
L’Italia
così come la conosciamo ora non esisterebbe più e altre regioni o macroregioni
potrebbero seguire la strada dei veneti. Sicuramente la Sardegna e la Sicilia,
che vantano secolari istanze autonomiste, prenderebbero la porta, la Valle
d’Aosta e l’Alto Adige, chiederebbero l’annessione, rispettivamente, alla
Francia e all’Austria, non so con quali risultati, e il Sud potrebbe (e
dovrebbe) decisamente sfruttare l’opportunità di svincolarsi dalle politiche
padano – tremontiane – montiane – lettiane (e spero di non dover aggiungere
renziane) del “a noi del nord tutto, a voi terroni forse le briciole” e
cercare di fare da solo.
Ma
la secessione potrebbe riservare amare sorprese anche al settentrione. La
convivenza tra nord-ovest e nord-est potrebbe rivelarsi più difficile del
previsto: i veneti hanno dimostrato di mal sopportare una leadership lombarda e si aprirebbe di sicuro una conflittualità,
neppure ora troppo latente.
Prima sorpresa: il Nord diviso,
o il Veneto da solo, non sarebbe più la poderosa forza economico – produttiva
che abbiamo conosciuto e potrebbe non farcela!
Molto
probabilmente, anzi sicuramente, resterebbe in Europa, nell’area Euro, avendo
tutti i requisiti macro economici in regola, ma così dovrebbe sottostare al
patto di stabilità, ai vincoli di spesa pubblica e alle politiche monetarie
della Banca centrale europea. Il Mezzogiorno, invece, con tutta probabilità non
avrebbe più i requisiti per restare nell’Unione europea, ma quand’anche per miracolo
continuasse ad averli e ci si concedesse di rimanere in Europa (non ne sono
sicuro, ma credo che finiremo in coda alla Grecia), faremmo concorrenza al
ribasso all’Europa orientale e si porterebbero a casa milioni di euro di
contributi comunitari, che oggi si fermano proprio lì.
Probabilmente,
anche la fuoriuscita dall’Europa potrebbe non essere, poi, così grave per il
Mezzogiorno. Si potrebbe tornare a una valuta debole, che frena le importazioni
e fa decollare le esportazioni; si potrebbero elevare barriere doganali e
fiscali all’ingresso delle merci, per scoraggiare l’arrivo di prodotti dalla
Cina e da altri paesi in via di sviluppo (non ho niente contro questi Paesi, ma
ora dobbiamo pensare a sviluppare il Sud); in poche parole, si potrebbero instaurare
politiche neo-protezionistiche e ciò comporterebbe la crescita dell’industria,
dell’artigianato e dei servizi, con l’aumento dei posti di lavoro. Infatti, non
essendo più conveniente importare i prodotti dall’estero o dal resto d’Italia,
o ancora, dall’indipendente Veneto o padania, dovremo fabbricarci in casa
praticamente tutto quello che serve. Pensate cosa potrebbe accadere alle
industrie meridionali, sulle quali, da un giorno all’altro, pioverebbero le
domande dei consumatori! Una crescita stratosferica del PIL! Potremo, poi,
investire il surplus di entrate tributarie dovute all’aumento della produzione
per migliorare le infrastrutture stradali e aeroportuali e incrementare
l’afflusso turistico. Un nuovo boom, che potrebbe somigliare molto alle impennate
vertiginose dei mercati asiatici!
Seconda sorpresa: i padani e i
veneti non potrebbero più venderci i loro prodotti e accaparrarsi manodopera
qualificata meridionale. Noi non vorremmo più le loro merci e non gli forniremo
più i nostri lavoratori, ma ce li terremmo ben stretti, perché li assumeremo
per fare fronte all’aumento della domanda. Anzi, non solo non compreremmo più
le loro merci, ma gli venderemmo le nostre, perché sarebbero più a buon mercato
delle loro. Poi, avendo ridotto o azzerato la disoccupazione, arresteremmo
anche l’emigrazione e forse, potremmo assicurare il ritorno in patria di tanti
conterranei.
Le
leggi per governare il Meridione, il bilancio e gli investimenti in Meridione
li deciderebbe solo il Meridione per il Meridione. Nessuno potrebbe portarci
più via neanche un centesimo per farlo rimbalzare al Nord (come avvenuto in
passato con i Fondi per le aree sottosviluppate, i famigerati FAS, tanto cari
al già ministro Tremonti. Questa
vergogna non la dimenticherò mai!).
E
qui arriva la terza sorpresa:
cari indipendentisti (si fa per dire), non potreste più contare su jolly o assi
nella manica di ministri delle finanze filonordici, che dirottano fondi
destinati al Sud per tappare i buchi del bilancio o per finanziarvi opere ed
investimenti (vedi l’Expo di Milano).
Ma
neanche il resto d’Italia credo se la passerebbe poi tanto male. La Sardegna
autonoma potrebbe puntare sul turismo, la Sicilia sulla finanza e sulle banche,
potrebbe diventare un paradiso fiscale aperto a tutti gli affari possibili e
immaginabili, una sorta di free zone del Mediterraneo, simile
alla Cuba di Batista.
Quarta sorpresa: non sentiremmo
la vostra mancanza, popoli veneti e padani, ma probabilmente voi sentireste la
nostra e questa potrebbe essere anche la quinta
sorpresa: forse iniziereste a pensare che, in fondo, non ve la
passavate poi tanto male quando non eravate “indipendenti”, che potevate riempirci dei vostri prodotti,
prendervi le nostre forze e menti migliori, solo per il vostro profitto, quando
gli investimenti pubblici erano binari paralleli e non si mescolavano mai, poco
o niente per quello che si dirigeva a Sud e tanto tanto per quello che portava
a Nord e gli investimenti privati dei ricconi del Nord preferivano prendere la
via della Svizzera o del Lussemburgo, anziché essere proficuamente impiegati
per lo sviluppo del Sud. Tanto i vostri conterranei meridionali (o dovrei dire con-terronei)
vi votavano sempre e voi potevate in ogni momento disprezzarci. Dopo la
secessione non potreste più fare nemmeno quello e non oso immaginare come
potreste riempire i vostri spazi (o devo dire vuoti?) politico-ideologici. Se
vi abbandonassero anche gli extracomunitari, con chi ve la prendereste, con gli
alieni?
Potreste
ritrovarvi, vostro malgrado, nelle condizioni di dover chiedere di tornare a
far parte dell’Italia, magari implorando una confederazione, un’associazione o
poco più, rimpiangendo i vecchi tempi della Repubblica Italiana e dell’Italia
una e indivisibile, quando potevate indossare l’armatura di Alberto da
Giussano, scalare campanili e sognare l’indipendenza della padania, della
Serenissima e l’autodeterminazione dei popoli celti del nord…
Tutto
questo ha un sapore amaro inconfondibile. Quello della disfatta. State attenti,
l’indipendenza del Veneto potrebbe essere l’inizio della sua dissoluzione.
Il
Veneto è italiano, non credo che possa diventare indipendente. Veneto da solo
stona, con accanto l’aggettivo italiano suona molto meglio. Io non credo che
succeda, credo che i Veneti siano molto più intelligenti. Ma, se proprio dovesse
accadere, io che sono italiano, non rimarrei un minuto di più in terra
straniera.
Tornerei
in Italia.