Io di lavoro faccio il custode e fare il custode
vuol dire stare sveglio mentre dormite, perché io veglio su di voi. Il capo mi
ha assegnato questo incarico e io lo svolgo con molta diligenza. Mi piace
entrare nelle vostre case e sbirciare nelle camere da letto. Siete tutti uguali
nel sonno, siete così strani mentre dormite. Sembrate morti.
Ma non è così. Le vostre vite sono preziose e io le
difenderò sempre, vi proteggerò, a ogni costo.
Dicevo che vi guardo mentre dormite.
I bambini hanno il sonno agitato, rivivono la giornata
frenetica appena trascorsa, rielaborano gli avvenimenti del giorno e i loro
cervelli sono ancora in piena attività, quando il sonno li prende. E così
sognano molto, ma non ricordano quasi mai i sogni che fanno. Vederli dormire mi
riempie di tenerezza, essi sono l’immagine del calore e della purezza. Di tanto
in tanto parlottano nel sonno e mi diverte ascoltare ciò che dicono. A volte si
svegliano piangendo. Si sono smarriti nelle desolate steppe degli incubi. Io li
prendo tra le braccia, sussurro loro vecchie cantilene e, cullandoli dolcemente,
li riconduco alle fertili praterie dei sogni.
I grandi sono più tranquilli, dormono beati tra le
braccia di Morfeo, qualcuno russa, qualcun altro si lamenta nel sonno. Al
mattino si svegliano nella stessa posizione in cui si sono addormentati la sera
prima, sopraffatti dalla stanchezza. Poveretti, sono sfiniti, esausti,
sfiancati dalla giornata di preoccupazioni e duro lavoro appena terminata. Non
riescono a godersi la meritata calma del rifugio domestico, non fanno neanche
in tempo a poggiare il viso sul cuscino, che crollano addormentati. Ma il sonno
li nutre e li ristora. A volte sento dei rumori, qualcuno ancora armeggia di
sotto a tarda ora, non riesce a dormire, ma a questo penso io e crolla
addormentato sul tavolo della cucina. E io vigilo, affinchè nulla disturbi il
vostro riposo.
I vecchi mi fanno una tristezza che non so
descrivere. Forse perché sono giovane - e, in verità sono sempre stato giovane
- e non conosco le erosioni degli anni, il deperimento, le ferite, che lo
scorrere del tempo infligge ai vostri corpi. I vecchi si addormentano, dopo una
giornata inutile, durante la quale si sono trascinati stancamente in cerca di
uno scopo, in una notte ancora più inutile, sterile di sonno. Faticano ad
addormentarsi, a volte non dormono affatto. Sono come isole circondate
dall’insonnia e dalla morte. I loro sogni hanno il sapore amaro del rimpianto e
dell’assenza. Ritrovano le persone care, la vita che è andata, ciò ch’è stato, un
giorno dopo l’altro. Si rivedono giovani, inseguire le speranze, le gioie e i
desideri nell’ingenuità dei loro anni perduti.
Ma solo per poco.
Sono brevi istanti, anche se nei sogni sembrano
eterni. E questa è l’unica consolazione che posso dar loro, perchè tutto passa
e non torna più.
Anche per me.
E si, vederli dormire è proprio una fitta al cuore.
I loro corpi intorpiditi e doloranti sembrano rami assiderati nel gelo di un
sonno così simile alla morte.
Sta per finire la notte e anche il mio turno. Indugio
ancora un po’ presso i vostri letti. Volgo un rapido sguardo intorno,
controllando che tutto sia a posto, vi faccio una lieve carezza e me ne vado.
Mi piace prendermi cura di voi, mi piace consolarvi
quando siete afflitti e gioire insieme a voi, quando siete felici, delle vostre
beatitudini, così piccole e transitorie.
Vi accontentate di poco.
Basta davvero poco per farvi sorridere. Siete belli
quando guardate il mondo con occhi pieni di meraviglia e di stupore. E mi
stupisco anch’io mentre vi guardo, io che non mi meraviglio più di niente.
In fondo, pensavo, io sono una specie di guardia del
corpo. Vi proteggo dai pericoli e sto attento che non vi facciate male. Se
cadete, sono io quello che attutisce il colpo, sono io quello che vi aiuta a
tirarvi su e fa in modo che il dolore non sia poi così insopportabile. Non
potrei mai smettere di fare questo lavoro, mi piace troppo. Ve l’ho già detto:
io adoro prendermi cura di voi e poi, se non avessi voi, che cosa farei?
Io non so fare altro.
Solo questo: prendermi cura di voi. Io ho bisogno di
voi, forse più di quanto voi abbiate bisogno di me. Io vi amo, vi amo tutti
allo stesso modo, senza distinzioni.
Ma c’è una persona su cui veglio, in particolare, è,
come dire, una sorvegliata speciale. Dorme tutta rannicchiata, come una
bambina, anche se bambina non lo è più da tempo. Lei è speciale, ha bisogno di
tutte le mie attenzioni, più degli altri. Veglio sul suo respiro, a volte mi
scordo perfino di respirare, per quanto sono concentrato. Scruto con attenzione
il movimento dei suoi occhi nel sonno REM e cerco di interpretare i sogni che
fa.
Se fa brutti sogni, con una mano li scaccio via, poi
alito sul suo viso ed evoco galassie di sogni meravigliosi, costellazioni e
nebulose e interi sistemi affollati di pianeti dai colori fantastici e prati
verdi ricoperti di fiori strani e bellissimi, abbacinanti pianure desertiche e
cieli azzurri, così azzurri che persino in sogno fanno male gli occhi a
guardarli.
Sono i miei doni per lei.
Starei ore e ore a guardarla dormire, è così bella,
ma non posso indugiare troppo, non devo trascurare le altre persone che mi sono
state affidate. Adoro guardarla dormire, dicevo, anche se negli ultimi tempi ha
il sonno un po’ agitato. Forse non se la passa tanto bene nella vita diurna,
però di questo non sono sicuro, perché è compito di qualcun altro prendersi
cura di lei durante il giorno. E io non vedo l’ora che scenda la notte, perché
quando dorme, finalmente, è tutta per me.
Come dicevo, solo la notte posso stare con lei. Se
si scopre, le rimbocco le coperte, se si agita nel sonno, la tranquillizzo. Ma
lei non si avvede di me, in fondo, non sa neppure che esisto. E se pure si
accorgesse della mia presenza, riuscirebbe a vedermi davvero, a credere in me,
ad accettarmi per quello che sono, senza mettere in dubbio la mia esistenza, senza
fuggire via, urlando di paura?
Ma a me poco importa. Mi accontento di vegliare su
di lei e proteggerla. Perché solo questo so fare. Perché questo mi piace fare.
Solo questo.
Ma se, finalmente, si accorgesse di me, se mentre
scruta il tramonto, fortuitamente riconoscesse la mia figura tra le ombre della
sera, se mi degnasse anche di un solo, casuale, misero sguardo, non ci metterei
molto ad abbandonare il mio lavoro per sempre. Non esiterei un momento a
gettare la spada, non ci penserei due volte a staccarmi le ali.
E deporrei ai suoi piedi il mio cuore di angelo.
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2012 ANGELO MEDICI
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“E tu sei sveglio. Sei uno dei guardiani. Perché vegli? Uno deve vegliare, si dice. Uno deve esserci”
RispondiElimina(Franz Kafka, Di notte)
Vegliare è la condizione dello scrittore. “Scrivere non è indolore. Scrivere è un’assunzione di responsabilità e di rischio. Scrivere è vegliare mentre tutti dormono. Scrivere è restare soli nel mezzo della moltitudine.”
(Guido Conti, Dall’apologo all’aforisma)
Scrivere è nascondersi, aggiungo io, celare la nostra natura, mostruosa agli occhi del mondo, spaventosa agli occhi della moltitudine. Terrificante perché incomprensibile.