Il tema portante del mio racconto L’alieno (ne L’impero del vento – SBC Edizioni 2013) è lo scontro tra scienza e umanesimo, un conflitto durissimo, con conseguenze drammatiche, simbolicamente rappresentato dalle figure di un ostinato ufficiale scientifico e il tentativo di ribellione di uno studioso di lingua e letteratura universale.
Io sono convinto che questa contrapposizione si riproduca all’infinito nel nostro quotidiano in forme sempre nuove, che, tuttavia, ricalcano i medesimi schemi. In questo credo di essere, io stesso, il frutto della dicotomia tra studi scientifici e studi umanistici, originatasi a seguito della riforma della pubblica istruzione Croce – Gentile. Non per niente, prima della laurea in giurisprudenza, sono stato studente del liceo classico e, anche se all’epoca non ne ero tanto convinto, ora lo dico con orgoglio.
Dopo la riforma degli studi, si reputò con sicurezza che la bellezza fosse evaporata dalle materie scientifiche e si potesse ritrovare solo in quelle umanistiche.
Ma vi è chi sostiene che il bello non rifugga neppure i settori scientifici del sapere, compresa, ahimè, la matematica, verso la quale nutro una profonda, istintiva avversione. Sinceramente faccio molta fatica a vedere il bello nella “sezione aurea” o nei logaritmi, trovo il pensiero matematico troppo astruso e freddo, privo di emozioni e ritengo, invece, che la bellezza sia soprattutto questo, emozione dinanzi a un verso poetico, godere della curva morbida e piena di una scultura, della pennellata ricca e pastosa di un dipinto, assaporare il fraseggio armonico di una melodia, anche se devo ammettere che vi è un rapporto molto stretto tra musica e matematica, che non potrebbero esistere l’una senza l’altra. Per non parlare della seduzione dei sistemi filosofici alla base del pensiero occidentale, anche se, in alcuni casi, la fascinazione che ha esercitato sulle masse attraverso il pensiero distorto di alcuni oligarchi ha prodotto grandi mali. Ma come diceva La Rochefoucauld, la filosofia trionfa facilmente sui mali passati e sui mali futuri, ma quelli presenti trionfano su di lei.
Tuttavia, se consideriamo la scienza come il tentativo di capire, spiegare e riprodurre in forma non empirica le leggi che regolano la bellezza dell’universo – il moto dei pianeti, la perfezione simmetrica dei frattali, il fascino quasi geometrico di alcuni minerali -, allora, forse posso comprendere.
Marie Curie sosteneva che la scienza fosse una grande bellezza, forse nel senso che ho appena espresso. Ma io resto della mia opinione, quella con cui avevo aperto il post e credo di avere dalla mia parte il punto di vista di Tommaso d'Aquino, che sosteneva che il bello è ciò che è gradito agli occhi (Pulchra sunt quae visa placent).
Mi dispiace, ma non sono in grado di cogliere l’ineffabile, sfuggente bellezza dei numeri.
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