Sexy sbocciò tenera
sotto le dita, sul punto "g" di non ritorno. Sexy fiorì il suo fiore
delicato. Magnolia. La migliore delle intenzioni scivolava furtiva
fra le sue gambe e rotolava oltre l’estasi. E lei latrava come una
cagna in calore, vomitando l’anima, in quella latrina che di sicuro
aveva visto tempi migliori.
Lo stesso pavimento
grigio, le stesse mura scrostate, sempre uguali, invase da scritte
oscene tracciate con il gusto del nulla nella testa e il vuoto nel
cuore. Quel pavimento, quelle mura, quella finestra sbarrata su un
cielo grigio monotono, piatto, invernale, perfino gli stessi ragni in
agguato e le stesse mosche invischiate nelle loro ragnatele, che
fluttuavano negli angoli del soffitto, come brandelli di pelle morta,
muti spettatori che avevano assistito alle nostre migliori esibizioni
e lei aveva pianto commossa anche se non era il caso e le lacrime si
erano subito congiunte ad altro sul cemento freddo e lurido del
lupanare improvvisato, del nostro bordello da due soldi.
Ma l’esibizione
era stata bruscamente interrotta da colpi sordi alla porta, da voci
stentoree, dalla richiesta di spiegazioni. Le spiegazioni, quelle,
tardavano sempre a venire, al contrario di noi che arrivavamo,
venivamo subito e andavamo via, frammenti qualsiasi di dna, filamenti
impazziti e contorti, aggrovigliati alle nostre vite e alle nostre
storie inutili, indifferenti a noi, inutili per tutti gli altri.
Amavo le sue costole
inferriate di una gabbia dorata e i suoi fianchi, misteriose
insenature da esplorare. Osservavo il disegno dalle linee arcuate e
armoniche e con sottili guizzi di pennello gocciolava il colore sulle
sue labbra. Lei deglutiva niente affatto convinta, certa che sarebbe
stato meglio non incontrare il mio sguardo, non aver mai incontrato
il mio sguardo in quel giorno di vento. Era il momento in cui si
chiedeva il motivo del dover cercare la metà di sé in altri corpi
ottusi.
Quale merito aveva
nella vita? Il suo problema più grande era come occupare il tempo,
come tenersi a galla, annaspare fra i soldi, cercando di non
affogare. Una vita che non si era meritata si srotolava lenta tra agi
non guadagnati e ricchezze inusitate, che le erano cadute sul capo
con la casualità di una sentenza emessa da un giudice cieco e folle.