domenica 17 dicembre 2017

Vlad Tepès, l'Impalatore



1. I mostri nel romanzo dell'Ottocento
Perchè Jekyll e Hyde (1), Frankenstein e Dracula sono nati nell'Ottocento? Quali pulsioni del subconscio li hanno generati? Quali realtà fenomenica rappresentano?
Icone inquietanti del progresso scientifico ottocentesco, nate dall'esigenza di esorcizzare il senso della complessità di un contesto culturale in mutamento e della sua percezione, scrive Michela Mancini (2). Ma la funzione sociale svolta nel XIX secolo dal racconto di mostri (I delitti della rue Morgue di Edgar Allan Poe, Frankenstein; o, il moderno Prometeo di Mary Shelley), doppi (Lo strano caso del dottor Jekyll e mister Hyde di Robert Louis Stevenson, Il ritratto di Dorian Grey di Oscar Wilde), metamorfosi e folli finirà per essere assunta dalla scoperta freudiana dell'inconscio, della psicosi e della sessualità nel Novecento.
Oggi chiudiamo la trilogia con l'ultimo grande romanzo gotico, il Dracula di Abraham Stoker, detto Bram. E, per quanto mi riguarda, possiamo iscriverlo a buon diritto fra i classici, intendo cioè annoverarlo a quella congerie di scrittori senza tempo, contemporanei del futuro, secondo la felice intuizione di Guido Conti, che hanno sempre qualcosa da dire a ogni generazione, che, non avendo esaurito il fiato con quella a cui appartenevano, resteranno sempre validi e attuali per le generazioni a venire.
2. La genesi
La rigenerazione del mito antichissimo del vampiro (sempre vivi nell'Europa orientale i racconti sui wardalak nei Balcani, vrykolakas in Grecia, strigoi in Romania e infine, wampyr in Serbia e Croazia) nella versione moderna di Bram Stoker, è fortemente imparentata con la nascita di Frankenstein. Fu una sfida letteraria a crear racconti tenebrosi di una sera di fine estate del 1816 sul lago di Ginevra fra i coniugi Shelley, il sommo poeta Byron e il suo amico e medico personale, John William Polidori a dare la vita a due mostri: il Frankenstein, appunto, di Mary Shelley e The vampire del Polidori, che piacque molto a Goethe in persona, il quale lo scambiò, a causa delle fattezze eleganti e raffinate, per un'opera dello stesso Byron. Ebbene proprio quest'ultimo racconto ebbe a ispirare verso la fine del secolo lo stesso Stoker nella sua opera sul conte transilvano.
3. Storia e leggende (e anche psicanalisi)
Ma prima ancora di avventurarci nell'analisi letteraria del romanzo, non è sbagliato intraprendere una breve ricerca sulle origini del mito e sulla storia che spesso s'intrecciano a delineare la tetra figura del vampiro.
Contrariamente a quanto si possa pensare, la leggenda è molto antica e non è limitata alle sole popolazioni dell'Europa dell'Est. Figure di demoni che si nutrivano di sangue erano ben presenti già nelle tradizioni dei popoli della Mesopotamia, fra le popolazioni ebraiche e, addirittura, in epoca greca e romana, ma la testimonianza più antica è quella persiana: alcune fonti iconografiche rappresentano creature in atto di bere sangue umano.
La pratica funeraria della Grecia classica di appoggiare un obolo (generalmente una moneta) sulle labbra dei morti perchè potessero pagare il dazio e attraversare lo Stige, può essere considerata una causa lontana per spiegare la più tarda usanza di porre una croce di cera e un pezzo di porcellana con l'iscrizione "Gesù Cristo vince" sulle salme prima del seppellimento per evitare che diventassero vrykolakas, vampiri.
Nel tempo e presso altre popolazioni, vennero in uso pratiche per scongiurare il ritorno dei defunti nel mondo dei vivi, come seppellire i morti a testa in giù, la rottura dei tendini all'altezza del ginocchio o il posizionamento di semi o sabbia sulle tombe, affinchè i defunti fossero occupati tutta la notte a contare i granelli che cadevano all'interno della bara (3).
Una delle prime testimonianze di vampirismo è la vicenda di Jure Grando, un contadino istriano morto nel 1656 che, secondo i racconti locali, tornò misteriosamente in vita e intraprese scorribande per bere sangue umano e importunare sessualmente le donne del suo villaggio. Per fermarlo gli fu piantato un paletto nel cuore, ma poiché questo metodo sembrò non funzionare, fu infine decapitato.
A Venezia nel 2006 è stato ritrovato in una sepoltura risalente al '500 il cadavere di una donna, che presentava un mattone conficcato a forza nella bocca, fino a deformarla, una sorta di contromisura per evitare la rinascita vampiresca.
I vampiri erano generalmente descritti come esseri gonfi, con la carnagione scura, o sanguigna; queste caratteristiche erano spesso attribuite alla nutrizione a base di sangue. La creatura, osservata nella sua tomba, tendeva a perdere sangue dalla bocca e dal naso, mentre denti, capelli e unghie continuavano a crescere anche dopo la morte. Tuttavia, queste sono caratteristiche che probabilmente furono tratte dall'osservazione dei naturali processi tanatologici e di decomposizione dei cadaveri, da ciò può essere nata la leggenda (ad esempio, se per uccidere un vampiro era necessario infilargli un paletto nel cuore, tale misura, con tutta probabilità, era nata dalla constatazione che il paletto produceva lo sgonfiamento del cadavere a causa della fuoriuscita dei gas della putrefazione).
Il modello che ispirò Stoker per plasmare dalle tenebre e dal sangue il conte Dracula è Vladislav III di Valacchia Hagyak, un personaggio storico realmente esistito. Vlad nacque a Sighisoara nel 1431 e ben preso si guadagnò il nomignolo di Tepès (l'Impalatore), poiché era solito far terminare in modo così orribile le vite dei suoi nemici (una stampa dell'epoca lo rappresenta mentre seduto a una tavola riccamente imbandita, banchetta attorniato da sventurati infilzati sui pali). Egli apparteneva alla casata dei Draculesti e per questo motivo è conosciuto come Dracula (4).
Il personaggio tuttavia, a dispetto della sua fama, è considerato un eroe popolare in Romania, per aver protetto la popolazione dai Turchi. Morto in battaglia contro gli Ottomani, fra il 1476 e il 1477, secondo alcuni la sua testa fu tagliata e inviata a Costantinopoli insieme alla sua spada, secondo altri morì a causa di un (non banale) morso di pipistrello (!). Non si conosce il luogo di sepoltura, anche se a partire dall'Ottocento si è diffusa la voce che la salma di Vlad sarebbe stata tumulata nel monastero di Snagov, che sorge su un'isola in mezzo a un lago. La tomba però, secondo studi archeologici condotti nel 1933, sarebbe del tutto vuota e anche questo ritrovamento (o meglio, mancato ritrovamento) ha contribuito ad alimentare la leggenda.
In una interessante analisi del mito, lo psicologo Ernest Jones (5) ha rilevato che i vampiri sono il simbolo di meccanismi di difesa dell'inconscio attivati dalla perdita di una persona cara. Il desiderio di ricongiungimento dei superstiti viene proiettato sul defunto e pertanto, si ritiene che anch'esso desideri la stessa cosa e tenti di tornare, soprattutto dal/dalla consorte. Tuttavia, nei casi in cui il rapporto fra i coniugi era intorbidito in vita dai sensi di colpa, il desiderio del ritorno (e di riavvicinamento, anche sessuale) può essere sostituito da uno stato d'ansia (6), che lo tramuta nel corrispettivo perverso, ovvero nel sadismo.
4. Il romanzo
La costruzione del romanzo è molto attuale, la narrazione non è mai diretta, dalla voce dei protagonisti, ma ci perviene dalle fonti più disparate: lettere, frammenti di diari, articoli di giornale. La rappresentazione da più fonti, eterodiretta, è quanto di più moderno si possa trovare in un romanzo dell'Ottocento. E' storia viva, fresca, che si rinnova ogni giorno con la lettura dalle fonti. Una sceneggiatura in cui tutti hanno voce, tranne il vero protagonista, il vampiro, che impersona i terrori ancestrali, segreti indicibili, cose che devono restare nascoste. E la paura non ha voce.
Sul piano linguistico, Stoker non è mai stato ritenuto un grande scrittore e la sua opera, in genere, e il Dracula, in particolare, forse non può essere considerato un capolavoro della letteratura, ma un capolavoro, in generale, lo è senz'altro. Nel suo caso, la forza del personaggio è stata superiore alla qualità del romanzo stesso, così come, ad esempio, lo Sherlock Holmes di Conan Doyle, in cui la fama del personaggio ha superato quella del suo autore, la cui prosa non era affatto memorabile.
Stoker si attarda e spesso indugia in descrizioni minuziose, abbonda di particolari, a volte inutili e non essenziali all'economia della narrazione, come denunciato anche dalla critica del tempo, ma il reale pregio del suo romanzo , se non è la felicità di linguaggio, è la costruzione su diversi piani di visuale, plurisoggettivi, cinematografici, oserei dire. E in questa edificazione strutturale a più livelli sta anche la vera natura del romanzo.
Nonostante la critica, Stoker fu molto amato dai suoi contemporanei, il suo romanzo ebbe un vasto seguito popolare e fu oggetto dell'apprezzamento di illustri lettori, fra cui il pittore preraffaellita Dante Gabriel Rossetti, i poeti Eliot e Tennyson, il grande Oscar Wilde e perfino il primo ministro inglese Gladstone.
Ma lasciamoci condurre nelle atmosfere gotiche e nebbiose scorrendo le righe del romanzo.
Ci sono misteri che gli uomini possono soltanto intuire, che secolo dopo secolo possono solo in parte risolvere. Credetemi, siamo sulla soglia di un mistero... E' tutto così feroce, così misterioso e strano... quell'orrido senso della realtà delle cose, in cui ogni sforzo dell'immaginazione sembra fuori luogo... Vorrei essere lontano, al sicuro. Vorrei non essere mai venuto
La scrittura è come un chiarore argentato nella notte, che si spande sulla superficie di tutte le cose, lieve come un velo di dama filigranato e prezioso. Può nascondere segreti, adombrare misteri, velare i volti dei protagonisti e alterarne le sembianze, ma alla fine ogni segreto dev'essere svelato, ogni mistero rivelato e il terrore messo a nudo.
Quali sono le nostre paure ancestrali, cosa può scatenarle? Riconoscere la natura ferina degli esseri umani, l'adamantina crudeltà ben nascosta nel profondo dell'essere? Un sorriso maligno che deforma la bocca e accende gli occhi dello scintillio di un orrido basilisco? L'odore del sangue, il tanfo della morte, il buio che nasconde il fiato ansante dei predatori?
La paura è nel sobbalzo del cuore, quel gelo insidioso nelle vene, è la morsa d'acciaio che attanaglia le tempie, la mano d'ombra sulla bocca, che pare voglia fermarci il respiro.
...quel gelo che assale al primo albeggiare, molto simile al volgere della marea. Si dice che chi è in fin di vita muore alle prime luci dell'alba o al mutar della marea.... C'è qualcosa in quel vento, che ha suono, apparenza, sapore e odore”, ma quel vento è gelido, addensa le nubi intorno alla luna e nulla si muove, immobile come una nave dipinta su un oceano dipinto (7). Un oceano buio e senza luna. Molte sono le ombre e scarsa è la luce.
Nessun libro dopo il Frankenstein di Mary Shelley, nessun altro libro si avvicina al tuo per originalità o per la capacità di suscitare terrore”, ebbe a scrivere Charlotte Stoker, la madre di Bram, in occasione della pubblicazione del romanzo. E, anche se le parole di una madre possono essere non esattamente imparziali, soprattutto se rivolte all'opera di un figlio, la signora Stoker probabilmente ci prese. La forza del romanzo sta proprio tutta nelle sue parole: l'originalità e la capacità di suscitare terrore può decretare il successo o l'insuccesso di una moderna opera di genere.
5. Vlad l'Impalatore e il sesso
Il personaggio ha il suo indubbio fascino da seduttore. Come non leggere in chiave altamente erotica le vicende di fanciulle bellissime e discinte che abbandonano il collo al morso dell'uomo pipistrello?
Ma il conte Dracula ha sempre incarnato, nel tempo, anche i simboli di una sessualità perversa e forse deviata. Il suo stesso aspetto fisico, la sua persona alta e magra, il viso emaciato e affilato, ha molti punti di contatto con l'immagine ottocentesca del masturbatore, secondo quello che scrive Leonard Wolf, uno dei maggiori studiosi del mito, e però presenta anche il “vago sentore di garofano verde all'occhiello”, il segno distintivo degli omosessuali durante l'Ottocento.
Tuttavia il colpo di grazia lo assesta l'Edgar Allan Poe dei nostri tempi, ovvero il grande Stephen King, nella prosaica visione espressa in Danza macabra: “Dracula (e del resto anche le sue spettrali sorelle) sono morti dalla cintola in giù: fanno l'amore soltanto con la bocca... Il sesso in Dracula si può considerare come la fondamentale scopata con la cerniera lampo chiusa”.
6. Nosferatu a Hollywood (ma non solo)
Il lascito del personaggio di Stoker nel cinema è sconfinato. Basti pensare che la prima pellicola ispirata dal vampiro, Le manoir du diable, fu girata nel 1896 da Meliès (8) e apre una serie di almeno un migliaio di film, di svariato genere, dall'avanguardia dell'espressionismo tedesco del Nosferatu di Murnau (9), ai classici dell'orrore del regista americano Tod Browning: London after midnight del 1927 (10), ma soprattutto, il classico dei classici, il Dracula del 1931, il primo in cui il Non-morto fu impersonato dall'attore ungherese Bela Lugosi, che s'identificò talmente nel personaggio da credere di essere egli stesso una reincarnazione di Dracula e dormire in un letto a forma di bara (11), per passare poi attraverso il porno-gotico e pecoreccio degli anni '60 e '70, come House on bare mountains, in cui il Principe delle tenebre, Frankenstein e l'Uomo lupo sono coinvolti in avventure erotiche, Malenka la vampira, Dracula cerca sangue di vergine... e morì di sete! e Does Dracula suck; e negli anni Novanta e Duemila il melenso e commerciale blockbuster Twilight, il tentativo di umanizzazione di Intervista col vampiro (1994) e il ritorno alle origini del fondamentale Dracula di Francis Ford Coppola del 1992, con un supercast formato da Gary Oldman, Winona Ryder, Keanu Reeves, Sadie Frost, Tom Waits e Anthony Hopkins, in una parabola ascendente in cui il personaggio negativo e terrificante dei primissimi tempi si trasforma gradualmente in una maschera che sebbene ancora sinistra, si rivela quasi affascinante e verso la quale, a causa della sua condizione di dannato, si può provare compassione o addirittura simpatia.

(1) Lo strano caso del dottor Je (dal francese je=io) kyll (dall'inglese kill = uccido) e del signor Hyde (sempre dall'inglese hide = nascondi). Lo strano caso del dottor Iouccido e del signor Nascondi. Inoltre, nell'invenzione del nome dello scienziato è probabile che Stevenson abbia utilizzato la sequenza alfabetica progressiva jkl. Mia teoria.
(2) Vedere il progresso. Mostri, bambole e alieni nel romanzo illustrato dell'Ottocento.
(3) Anche dalle mie parti c'era una credenza simile. Secondo la tradizione, una semplice scopa di saggina posta fuori dalla porta di notte può fermare le janare (streghe), che non possono resistere alla tentazione di contarne i fili, fino a farsi sorprendere dall'alba mentre sono ancora intente alla conta. Tutto questo ricorda una nevrosi ossessiva, l'aritmomania, che consiste nell'impulso irresistibile di contare gli oggetti.
(4) Tuttavia, sembrano entrare in gioco altri significati. L'epiteto dovrebbe provenire da drac, che in romeno non vuol dire drago, ma diavolo e da draculea, che significa figlio del diavolo.
(5) On the nightmare (1931).
(6) Lo stesso meccanismo psicologico descritto anche da Freud, che spiegò in tal modo la paura dell'occulto.
(7) As idle as a painted ship upon a painted ocean, in La ballata del vecchio marinaio di Samuel Taylor Coleridge (1798), citata non casualmente nel romanzo.
(8) Il regista di Dalla terra alla luna.
(9) Nosferatu, oder eine symphonie des grauens (1922).
(10) Degna di nota, l'omonima band californiana di fine anni '90.
(11) I Bauhaus gli dedicarono la famosa Bela Lugosi's Dead. Credo che fu eguagliato soltanto da Frank Langella, ma ben cinquant'anni dopo, con il Dracula di John Badham del 1979.








sabato 2 dicembre 2017

To wish impossible things


Lo sento, è ora, sta arrivando.

Un flusso devastante e inarrestabile di ricordi prende a colpirmi. Senza pietà.

E quegli occhi del colore delle foglie morte, quei capelli biondo cenere, la pelle lattea come il cielo dell'alba si materializzano da tempi che non sono più.

Dove sei?

Tremolanti luci nella notte, fuochi fatui, miraggi e mille altri astuti inganni. Niente più che questo.

C'incontrammo sul finire dell'estate, fummo vinti da una passione autunnale, crepuscolare e perniciosa, ma non superammo l'inverno. Il suo vento gelido ci ha spazzati via insieme ai nostri sogni impossibili, ai desideri esagerati, agli amabili infingimenti, proprio nel breve scorrere dell'istante in cui stavano per realizzarsi.

Destini più maestosi ci attendevano, tanto considerevoli ed essenziali da calpestare i petali del nostro giovane e fragile amore. Il tuo fato, incastonato fra le navate rischiarate appena dal tremolante chiarore delle candele, sorvegliato da simulacri di santi con lo sguardo vitreo, il mio, un fiume che insinua le spire nella foresta, la sua testa di serpente dorato, il suo corso non è ancora stabilito. E forse è proprio questo il mio destino: consumarmi nel silenzio come una candela prima del buio. Brancolo nella solitudine di un giovane dio precipitato sulla terra, dentro un sordo oblio di tempesta, pazzo di dolore e indifferente al tempo, e già l'angoscia è l'eco di qualcosa che non c'è più...

Chissà se pensi ogni tanto a quei giorni, il nostro sangue era pallido come l'acqua, e a quelle notti, quando le nostre anime erano intrappolate tra l'inferno e il paradiso. Chissà se pensi a me, a noi e a quello che avremmo potuto essere.

Fa male, sai, desiderare cose impossibili, inseguire le ombre, amare un fantasma. Come impugnare un coltello dalla parte della lama e stringere forte.

Ho indossato una nuova pelle su cui far scorrere le mie miserie da deserto dell'amore, ma era un lusso che non mi potevo permettere; infatti si è orribilmente sfilacciata. Ho cercato di sotterrarti, di affogare il tuo ricordo sotto le onde del mare, di bruciare il tuo nome e disperderlo nell'aria. Perdonami, non ci sono riuscito. E sono ancora qui, questa notte, ancora una volta, a scrivere di te. Di noi. Di questa pena strana e crudele che ha preso possesso del mio cuore.

Perdonami perchè dovrò inventare le parole che non mi hai detto, i baci che non ti ho dato, le lacrime che non abbiamo pianto, le notti che non ci hanno fatto rabbrividire, la pioggia che non ci ha inzuppato...

Perdonami se sono ancora qui a scriverti, a parlarti nella lingua dei sogni, a stringere fra le braccia un'ombra, più sottile delle altre.

Ma non badare a me, sono soltanto un folle visionario davanti a un pezzo di carta; eppure, è proprio così che si stimolano i peggiori istinti. Davanti a un foglio di carta.

Non so, non so spiegarti. E' che stanotte mi sento assente e, allo stesso tempo, così presente che vorrei sprofondare nell'incoscienza. Perchè fa male. A dire il vero, mi sento così tutte le notti, quando cala il sole, da quella maledetta notte che ti ha portata via.

Qualcosa sta accadendo. Vibrazioni a bassa frequenza, scuotimenti nell'aria, interferenze cognitive. Rumori urticanti. E' pericoloso stimolare i ricordi. Non è mai una buona idea risvegliarli dal buio polveroso dell'oblio. Un muro di polvere s'innalza nell'aria a sbarrare la mia visuale sulla notte. E sul muro qualcosa prende forma, si ricompone lentamente nel pulviscolo del nulla. Ora ti vedo.

E ricordo.

Una promessa è una promessa. Vieni”, avevi detto.

Sono stato io a non seguirti. Sono stato io a non mantenere la promessa. Ti ho persa di vista, eri troppo distante. Non sono riuscito a raggiungerti.

Basta, devo recuperare la connessione con il reale, una parola, un odore, la luce del sole al tramonto, qualcosa, insomma, che mi faccia sentire alive and kicking, vivo e scalciante. Qualcosa che mi riporti giù, che mi scaraventi a terra e mi ancori saldamente al suolo.

Stanotte le tue parole mi hanno scosso dal torpore consueto, sono risalite dal buio con la rapidità di un rigurgito, dal fondo dell'abisso, dalle profondità di un se opaco e distratto. Stanotte ogni cosa è messa a nudo. Senza pietà.

E' devastante.