giovedì 10 agosto 2017

Psichedelia writing



Miiinkia miiinkina minkino manikino manintube di un certo Falloppio whoreless Manitoù manisoù maningiù minkiainkino dobrowhorewresticide bottanabotero cer BOT (CCT) tana Bot ero io non cambia mai nientediniente nemmeno Willyilcoyote...

A volte una botta al cerchio fa bene e anche una alla botte e anche un cerchio al cerchio o un cerchio alla botta o alla bot-tana tuttatana tuttapatata brutto occhio cerchiato di nero lividi-come- gioielli sul tuo corpo... non sono affatto sicuro che sia deltuttolegale.

Dobronovich Novi Sad Bregonzovich novi breg dobrowhorestyle in a forest primary anche se ho già ascoltato il silenzio, visto chiaro nel buio e accarezzato il riflesso del mareee...

Siamo petali “scossi-dal-vento”, siamo fiori recisi dall'eternoeprofondodolore.




Significato e significante. La poesia di Senghor



La poetica bianca e la poetica africana, l'arte occidentale e quella australe. Due mondi, due universi, due blocchi contrapposti e inconciliabili, se li guardassimo sotto la nostra lente di visi pallidi, e la dicotomia, l'opposizione, il mondo dei blocchi. Invece, è possibile (è necessario) leggere le due parti, insieme a molte altre, come componenti del Tutto. E' quello che cerca di spiegare Lèopold Sèdar Senghor, primo presidente del Senegal indipendente, ma anche (e soprattutto) raffinato poeta (1). Di lui avevo parlato ne L'impero del vento, raccontando di come una sua poesia fosse divenuta l'inno ufficiale di una nazione appena germogliata (2).

Ogni forza, ogni energia, ogni cosa è di per sé un nodo di forze più semplici, elementari, basiche, spesso contrapposte. Maschile e femminile, ad esempio, luce e ombra, bene e male. Ma soltanto la loro aspra lotta e poi il loro dialogo e infine, la loro unione porta alla realizzazione di quella particolare forza, energia, oggetto, che è simbolo di una realtà sottostante, del mondo del non visibile, del quale costituisce il segno. “Ogni forma, ogni superficie, ogni linea” sostiene Senghorogni colore e ogni sfumatura, ogni odore e profumo, ogni suono, ogni timbro, ogni cosa ha il suo significato”.

Sono cresciuto alla tua ombra

la dolcezza delle tue mani che bendavano i miei occhi

ed ecco nel cuore dell'estate e del meriggio

ti scopro dall'alto di un colle calcinato

terra promessa

e la tua bellezza mi fulmina in mezzo al cuore

come il lampo di un'aquila

Gazzella dalle giunture celestiali

le perle sono stelle sulla notte della tua pelle

delizia per i giochi della mente

riflessi d'oro sulla tua pelle marezzata

all'ombra della tua chioma

la mia angoscia si rasserena ai soli vicini dei tuoi occhi

(Donna nuda, donna nera)

Non bisogna tenere l'oggetto a distanza per scrutarlo, osservarlo, analizzarlo. Bisogna intuirlo ancor prima di sentirlo, assimilarne le onde invisibili e i contorni, incorporarlo a sé in un estremo atto d'amore. Oltrepassare il segno e il simbolo per afferrarne il senso. Al di là del significante, è necessario sentire il significato.

Ed ero senza parole

di fronte all'enigma del tuo sorriso

un crepuscolo breve scivolò sul tuo viso

un capriccio divino

dall'alto della collina – rifugio di luce

ho visto spegnersi lo splendore del tuo perizoma

e il tuo cimiero come un sole

inabissarsi nell'ombra delle risaie

Piangerò nelle tenebre, nel grembo materno della terra

dormirò nel silenzio delle mie lacrime

fino a che sfiori la mia fronte

l'alba di latte della tua bocca

(Ti ho accompagnata al villaggio)



La tua lettera di tenero pane

dolce come il burro, sapido come il sale

e la luce sul mare troppo verde e blu

la ghirlanda dei battelli bianchi

verso i fiumi del Sud, verso i fiordi del grande Nord.

La tua lettera come un'ala chiara nel turbinio dei gabbiani

E' bello, è triste

C'è Gorèe, dove sanguina il mio cuore

la casa rossa a destra, mattone sul basalto

la casa rossa al centro, piccola fra due abissi d'ombra e luce

la grande casa rossa dove ancora sanguina il mio amore

come un abisso senza fondo

(Sono le cinque)

Le parole di Senghor sono estremi e simboli di un universo esistenziale, ma unitario, una sorta di surrealismo mistico, un'arte non fine a se stessa, ma funzionale, utile, collettiva, da osservare e ammirare, ma da distruggere e abbattere quando non serve più.
Odiavo un po' di più ogni giorno
il viso d'oriente della fidanzata azzurra
questo bacio di notte alla speranza delle stazioni
questa lenta luna di manna nei reami della nostra infanzia
questa luminosa estate senza notte
questo eterno bacio degli sposi fidanzati
Non vedevo che la tua assenza
(Questo lungo viaggio)

Una palma verde vela la febbre dei capelli
color di rame la fronte curva
le palpebre chiuse, coppa duplice e sorgenti sigillate
questa falce sottile di luna
questo labbro più nero e appena tumido
viso di maschera chiuso all'effimero
senza occhi, senza materia
che non imbrattano belletti né rossetti
né rughe né tracce di lacrime o di baci
(Maschera negra a Pablo Picasso)
E anche accorati atti d'accusa, una ribellione d'Africa, sobria, discreta, ma decisiva.
Dimentico le mani bianche che premendo il grilletto
fecero crollare gli imperi
le mani che fustigarono gli schiavi e vi flagellarono
le mani bianche polverose che vi schiaffeggiarono
le mani laccate e incipriate che mi hanno schiaffeggiato
le mani sicure che mi spinsero alla solitudine e all'odio
le mani bianche che abbatterono la foresta
e domani batteranno carne nera
(Neve su Parigi)

Dunque è vero che la Francia non è più la Francia?
E' vero che l'odio dei banchieri ha comperato le sue braccia d'acciaio?
Sangue, sangue nero dei miei fratelli
voi macchiate l'innocenza delle mie lenzuola
voi siete il sudore in cui si bagna la mia angoscia
siete la sofferenza che arrochisce la mia voce
(Tyaroye)

Invano fu stroncato il riso tuo
il fiore più nero della tua carne.
(Assassini)

Ecco il sole
che inturgidisce il petto delle vergini
che fa sorridere i vecchi sulle panchine
che i morti desterebbe sotto una terra madre.
E voi fratelli oscuri, nessuno vi ricorda.
Promisero a cinquecentomila figli vostri la gloria di morire
Fra poco, ringraziano fin d'ora gli oscuri futuri caduti
La nera infamia
nella solitudine della nera terra e della morte
nella vostra solitudine senz'occhi e senza orecchi
senza il calore dei vostri compagni stesi contro di voi
come allora in trincea e un tempo alle riunioni di villaggio
anche se non avete né occhi né orecchi
nel vostro triplo recinto di buio
Accogliete questo suolo rosso
questa terra sotto il sole estivo
arrossata dal sangue delle bianche ostie
(Ai fucilieri senegalesi caduti per la Francia)

E poi inni alle origini primordiali della vita, all'archetipo, al significato unico e profondo di ogni cosa, un invito al ritorno all'essenza primeva.

Mi ha confuso la tua bellezza
queste grandi ragazze d'oro dalle lunghe gambe
di fronte ai tuoi occhi di metallo blu
il tuo sorriso di brina
che leva i suoi occhi di civetta fra l'eclisse del sole.
Non un riso di bimbo in fiore, la sua mano nella mia fresca mano
Non un seno materno, solo gambe di nylon
gambe e seni senza sudore né odore
Non una parola nell'assenza di labbra
solo cuori artificiali pagati con moneta unica
e non un libro in cui leggere la saggezza
La tavolozza del pittore fiorisce di cristalli di corallo
e le acque scure trasportano amori igienici
come i fiumi in piena cadaveri di bambini
Ecco il tempo dei segni e dei conti
Ho visto prepararsi la festa della notte alla fuga del giorno
Tutti gli elementi anfibi raggianti come soli
Lungo i marciapiedi, ruscelli di rum bianco
ruscelli di latte nero nella nebbia azzurra dei sigari.
Ascolto la tua voce maschia di rame
la tua voce vibrante d'oboe
l'angoscia ostruita delle tue lacrime piombare in grossi grumi di sangue
L'idea legata all'atto, l'orecchio al cuore, il segno al senso
Ecco i tuoi fiumi sonori di caimani muschiati e di lamantini dagli occhi di miraggio
E nessun bisogno di inventare le sirene
Ma basta aprire le orecchie a Dio
che con un riso di sassofono creò il cielo e la terra in sei giorni
e il settimo giorno dormì del grande sonno negro.
(A New York)


 
Cullato dall'urlo del vento, la faccia riversa
come un leone notturno su tristi altipiani
Vago intorno a qualche assenza
Tu sola assente, o mia presenza
Tu relitto di sabbia e di tenerezza, fiume di delizie
E il verde che si rifiuta di diventare tenebra
I primi Alisei viravano sibilando sulla loro coda
sulle loro penne, sulle loro ali
Come una falsa gioia
Soukeina di seta nera, sorriso di sole sulle labbra di mare
Che io mi fermi sotto la Via lattea
per ascoltare nel vento fra i palmizi il lamento delle poetess.
(Elegia degli Alisei a mia moglie Colette)
 
La vera cultura è mettere radici e sradicarsi, dice Senghor. Mettere radici nel più profondo della terra natia. Nella sua eredità spirituale. Ma è anche sradicarsi e aprirsi alla pioggia e al sole, ai fecondi rapporti con le civiltà straniere.
E' possibile rimanere ancorati alle proprie origini e, al tempo stesso, prendere il largo per orizzonti lontani.
Perchè la libertà è deserto (3).



 
(1) “La poesia ha perso uno dei suoi maestri, il Senegal un uomo di stato, l'Africa un visionario e la Francia un amico”, dichiarò alla sua morte Jacques Chirac, all'epoca alla presidenza francese.
(2) In piedi fratelli,
il leone rosso ha ruggito
d’un balzo si è slanciato,
dissipando le tenebre.
Sole sulle nostre paure,
sole sulle nostre speranze.
Fibre del mio verde cuore,
spalla contro spalla,
in piedi fratelli!
Uniamo il mare e le sorgenti,
uniamo le steppe e le foreste.
Salve Madre Africa.
(3) Elegia degli alisei a mia moglie Colette.