La vita è un
viaggio, nell’inverno e nella notte. E' cercare un passaggio
attraverso il cielo buio, dove nulla riluce. Ma ci vuole niente ad
attraversarlo. Basta chiudere gli occhi per ritrovarsi dall’altra
parte. La vita è un vaso troppo piccolo da colmare. E l’arte è
troppo grande per essere contenuta in quel vaso, brucia in petto,
ruba il respiro, stermina la vita.
Annienta.
E’ troppo vasta
per il vaso desolatamente vuoto di una sola anima. Così, ogni
respiro diventa inutile. Ogni respiro avvicina alla morte, fino a che
non sarà l’ultimo.
Allora l’arte se
ne resterà compunta e incompleta, immobile ai piedi del catafalco, a
contemplare il corpo rigido e freddo, a compatire il morto stecchito,
a compiangere il cadavere scorticato. Sarà lì a capo del letto, a
farsi beffe di un guscio vuoto, di uno straccio senz’anima, che era
una volta un uomo, precipitato da basso, nel tripudio dei vermi.
Antonio osserva.
Niente di nuovo
all’orizzonte. Calma piatta sul meridiano zero. Nessun suono da
spezzare, nessuno spazio da attraversare, nessun tempo da collassare,
nessun momento di chiarezza. Antonio è rabbia impotente, inutile.
Antonio è rabbia
liquida.
Antonio è un nulla
in mezzo al niente.
Antonio è meno di
zero, meno dell’odio che respira, o poco più del dolore che prova.
Antonio pensa.
Nella sua vita
obbedisce a riflessi condizionati, come una scimmia ammaestrata.
Parla a comando e corre e saltella se tu vuoi. Antonio è un cane che
schiuma di rabbia, legato alla catena di simboli e metafore. Dagli un
osso e farà un altro giro alla catena. Solo per te. Girerà tante
volte che la catena si accorcerà e correrà il rischio di soffocare.
Parlagli.
La tua voce lo
calmerà e ti leccherà le mani, oppure le morderà. A te il rischio.
Bastonalo pure. La
sua bocca non emetterà più vani strepiti di ribellione e se ti si
rivolta contro, puniscilo. Ancora e ancora. Tanto vale meno di uno
sputo, meno del suo silenzio.
Antonio pensa.
Le parole difficili
hanno la curiosa abitudine di infilarsi nella bocca di persone da
niente, le convincono di essere importanti. Ma ti prego, risparmiagli
almeno questo strazio.
Vorrei non averti
mai incontrata, sussurra. Mi sarei risparmiato gli oceani incolmabili
delle tue depressioni, chilometri e chilometri di filo spinato delle
tue assurde pretese.
Antonio
svolge distratto il suo akshamala (1). I grani scorrono
lentamente fra le sue dita, uno a uno. Così lentamente che sembra
l’eternità. Centootto semi, centootto nomi di Dio, centootto
demoni, centootto vite, centootto peccati, centootto modi per morire.
Risparmiami
questo strazio, chiede. Ma ti prego parlami. Perché non ti sento
più? Perché non odo più la tua voce?
Parlami
ora. Parlami ancora, supplica, parlami di fredde distanze, di tetre
stanze.
(1)
Rosario buddista.
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