lunedì 4 gennaio 2016

Storia di Atròphia


 

Ho provato ad abbozzare la storia di Atròphia, il progetto musicale più importante che abbia mai realizzato fin’ora.

1.      Le origini

Il progetto Atròphia nasce nell’estate del 2006 dalle ceneri di Topsyca, band che proponeva noise rock alternativo, dal desiderio di riprendermi le canzoni che avevo scritto e soprattutto, la direzione artistico – musicale del progetto. Nella lunga e a volte dolorosa gestazione dei brani, il progetto Topsyca, infatti, aveva subito notevoli rallentamenti, dopo gli entusiasmi iniziali, proprio a causa dei contrasti interni tra i componenti sulla direzione da prendere. Ad esempio, la canzone “Macabradanza”, inclusa più avanti nel secondo lavoro di AtròphiaSorvegliare e punire”, aveva già subito, prima dell’estate, numerosi arrangiamenti. C’era la versione originale, la versione noise, quella metal e addirittura, quella in chiave tex-mex e disco ’70!

In particolare, volevo recuperare lo spirito iniziale del progetto, che esisteva già in stato embrionale nell’estate 2004, di dare vita, corpo e suoni ad un’improbabile elettro – dark – wave sound. In poco più di due mesi di lavoro, nel settembre 2006 esce il primo lavoro di Atròphia, dal titolo “Sotterranea”. L’album prende il nome dall’omonima canzone, che potrebbe essere accostata con notevole simmetria ad “A forest” dei Cure. L’album è strutturato su una base ritmica secca e ripetitiva, a tratti ossessiva, sulla quale sono cucite ritmiche scarne e suoni cupi e nervosi. Il disco si apre con “Alla deriva”, nella quale aleggia insonne lo spettro dei Bauhaus, “Preghiera dell’odio”, dal testo tratto da una poesia africana, segue la dissonante “Zero” e chiude “Darkene”, che trae il titolo dall’omonimo medicinale antidepressivo (“Mi sento come rabbia liquida in un vortice ogni volta sconosciuto”).

Alla fine dell’anno Atròphia viene selezionato per partecipare alla compilation natalizia “Silent Night-Mare” di Anomolo Records, con una versione dark – noise della tradizionale “Astro del ciel”.

2.      La fase rock

Nel marzo 2007 esce il secondo lavoro di Atròphia, “Sorvegliare e punire”. Si tratta di un concept album sul potere politico e le sue degenerazioni. Vi sono ancora le atmosfere oscure del lavoro precedente, ma anche una decisa sterzata verso sonorità più rock, punk e a tratti metal. Il disco si presenta musicalmente più omogeneo. Notevole la rabbia espressa in “Uscita di scena” e “Rossosangue”, dal sapore punk – metal, segue la già citata “Macabradanza” e il punk della title – track. Da citare anche l’ottima “In un respiro”, malinconica quanto basta per piacere anche ai Placebo e l’intro arabeggiante di “Caos”. Ghost song finale: una riuscita versione live di “Pet Sematary” degli indimenticati Ramones.

Nel mese di luglio viene varato anche il sito ufficiale della band su myspace (www.myspace.com/atrophi), che ha totalizzato più di 20.000 tra contatti e downloads, soprattutto da Germania, Francia e Spagna, USA e paesi latino-americani, ma anche in alcuni Paesi dell’est europeo.

La produzione dell’anno prosegue con l’uscita di un mini album, denominato “Ipnotica EP”, che contiene due nuovi pezzi: “Ipnotica” ed “AK47”, che presenta un’interessante coda techno – punk alla Prodigy, lo strumentale “L’angelo azzurro” nel quale si odono addirittura tracce dei REM e la cover “Things you said” dei Depeche Mode, rielaborata in chiave elettrica.

 

L’autunno è sempre prolifico per Atròphia e da una sua costola prende vita il progetto Tranzgenic. Si tratta in questo caso di caro vecchio metal, con alcuni lodevoli episodi. Buono il thrash metal di “Love suicide”, “White noise” e “Kiss of death”, ma anche la ballad “Under the shadowline”. La strumentale “Cobalt” chiama in causa addirittura i Led Zeppelin, mentre la riuscitissima “Kill me Osama”, presa in giro del terrorismo islamico, sembra uscire da “Smells like teen spirit” dei Nirvana. Da citare anche “La mort des amants”, tratta dall’omonima poesia dei “Fiori del male” di Baudelaire.

3.      Il post dark

Il 2008 si apre con l’uscita del terzo capitolo della saga Atròphia. Il disco, denominato “Echi”, è di gran lunga il migliore della produzione dark ed il più maturo. Rispetto ai precedenti, mantiene un buon equilibrio fra rock, post punk e dark e potrebbe essere tranquillamente definito un album post dark. E’ però anche la pietra tombale su quel genere che Atròphia dichiarerà di non avere più intenzione di suonare, spostandosi verso altri orizzonti.

Il disco si apre con la visionaria “Sarin”. Un inno gregoriano ci scaraventa in un medioevo prossimo venturo, in mezzo a un’umanità dolente e disperata. Si prosegue con le glaciali “Krasnodar” e la title - track “Echi”, quest’ultima incentrata sulla incomunicabilità. Decisamente più rock “Stato di alienazione” e “Denizen”, senz’altro fra i migliori episodi del disco, per passare ai brani più introspettivi: “Nysbax”, cureggiante inno al nichilismo e “17 novembre”, ancora una storia di difficoltà di comunicazione, questa volta tra i sessi. Il disco si chiude con la febbricitante “Il dogma”, che, con brucianti riff di chitarra, prende di mira l’ipocrisia ed il silenzio della Chiesa sugli abusi ai minori commessi da membri del clero e l’onirica “Re Lucertola”, dedicata all’indimenticato ed indimenticabile leader dei Doors.

 

Il 2009 è un anno di riflessione. Atròphia, però, collabora con i Bad Monkeys, per i quali scrive alcune canzoni hard rock - blues, come “Out of control”, “Love Train”, “Lost soul” e “Loaded Gun” e partecipa alla riedizione di alcune canzoni blues degli U2. In particolare, “God Part Two”, che prenderà il titolo “Believe in love” e “Bullet the blue sky”, rinominata “Outside is America”. Particolare in quest’ultima il tempo rallentato, che ne esalta le venature psichedeliche.

 

La seconda parte dell’anno vede Atròphia impegnato con i Kish Maldìt, come al solito, prestando la voce e la chitarra, per un progetto che si concretizzerà poco più avanti con l’album “Osculum Tarantulae”. Nel frullatore sonoro stavolta finiscono ritmi e melodie tradizionali del Meridione d’Italia, in primis la taranta, insieme ad una fortissima dose di punk, metal e hip - hop, con un risultato, tutto sommato interessante. La principale forma ritmica del sud, la tarantella (taranta in Campania, nel Foggiano, in Basilicata ed in Calabria, pizzica nel Salento e ancora, taranta e saltarello in Molise), si ritrova fusa con energici suoni tipicamente rock e punk. Ci sono anche altre influenze, come dall’hip hop, dalla musica celtica, araba e balcanica, ma prevalentemente, il progetto prevede la rielaborazione ed il riarrangiamento di composizioni tradizionali, affiancate da brani originali, direttamente figli dello spirito del progetto.

Il significato letterale del nome della band, nel dialetto molisano antico, è “che siano maledetti”, un’imprecazione che non è raro sentire esclamare da quelle parti ancora oggi. Il termine “Kish”, inoltre, è una contrazione dell’aggettivo di origine tedesca “kitsch” (cafone, di cattivo gusto), nella forma correntemente usata nei paesi latino – americani.

 

4.      Musica alternativa

 

Nel 2010 Atròphia è impegnato nelle registrazioni del nuovo album, che terminano nell’estate. Ma il lavoro resterà per un anno in naftalina, perché non è ritenuto convincente. Sarà riesumato soltanto l’anno successivo, senza cambiarlo di una virgola ed è ritenuto il lavoro migliore in assoluto.

L’album si intitola “Subliminale”. Se i primi lavori erano abbastanza identificabili per un genere prevalente, quest’ultima fatica va oltre i generi e si potrebbe definire a tutti gli effetti un prodotto “alternativo“ rispetto a questi.

In raffronto alle composizioni precedenti, il lavoro privilegia un impatto più immediato e comprensibile sull’ascoltatore, meno ostico pur senza essere “pop” nel senso più dispregiativo del termine. Infatti, vi è una spiccata ricerca della melodia e della “cantabilità” dei brani, con architetture compositive più semplici e strutture più compresse, che in due - tre minuti pretendono di dire tutto, rispetto a brani di oltre cinque - sei minuti di composizioni precedenti.

Se proprio vogliamo trovare un riferimento stilistico, forse dovremo dire che questo disco è più gothic-metal che dark e che se questa definizione può reggere, si può affermare anche che è meno metal e più gothic. Anche i testi sono meno oscuri e più decifrabili e buona parte delle composizioni è incentrata sul rapporto uomo - donna, che finora Atròphia aveva trattato poco. Ad esempio, “Voyeurism” rappresenta l’invidia di chi è costretto a sbirciare nelle relazioni altrui per vedere quello che non possiede nella sua e si trasforma in voyeur esistenziale, “Di Norma” canta l’amore impossibile per una donna in là con gli anni, che forse arriva fuori tempo massimo, “Iside” è l’inno d’amore per una donna, venerata quasi come una divinità egizia, “Eva” racconta di donne apparentemente bellissime e felici, cui pare non mancare nulla, ma che, in realtà, nascondono segreti inimmaginabili, la protagonista di “Marlèn” è, invece, una donna che può permettersi di fare tutto quello che vuole e soprattutto far fare agli altri tutto quello che vuole.

 

Quindi, un’altro significativo aggiustamento di rotta di Atròphia, analogo a quello di “Sorvegliare e punire”, ma verso lidi meno tradizionali e più alternativi, dove il post-dark di “Echi” appare più assimilato nella struttura della forma canzone, in un universo in cui la disperazione, la tristezza e la nostalgia sono assunti a normalità e cantati quasi con gioia.

 

Di seguito alcuni versi tratti dalle canzoni.

 

No non svegliarti, resta nei tuoi sogni, continua a viverci dentro e lasciati cullare, lasciati portare dal sogno in cui sei teneramente rinchiusa. Per ogni goccia un fiume, per ogni lacrima un mare, verso la strada che conduce da qui al deserto dei tuoi giorni. Lasciati svenire nel sogno da cui sei gelosamente custodita e abbandonati come arresa al silenzio ineluttabile di questi giorni. I nostri corpi arresi, i nostri cuori vinti, i nostri sogni infranti al gelo dell’attesa  (La resa)

 

“Il tuo sguardo di vetro e bistro mi trapassa e toglie il fiato, come questo fuoco sacro nelle vene. Mia dea risvegliami e conducimi ad assaporare l’alba, mia dea salvami e conducimi ad assaporare l’alba” (Iside).

 

Eva perfetta profilo sottile dalla linea imperfetta, Eva racconta e si adombra del legame perverso. Ogni passato, ogni ora persa oggi ritorna e si impossessa di Eva che rimedia ad ogni suo sbaglio e una carezza si apre a ventaglio. Eva perversa distesa nel buio ora riversa tutto il suo odio” (Eva)

 

La luce mi feriva gli occhi e sembrava non dovesse finire mai come quando pioveva alla fine di settembre e la sensazione del dopo, del senso di indefinito che arrivava inaspettato a farci rabbrividire. Ti immagino distesa ancora in quei luoghi dove torno a volte come in un sogno e tu nuda come la verità interrompi ogni mia certezza. Posso vederti impersonare le nostre danze macabre con il gusto del nulla” (Bluesong)

Quello che non ho avuto, quello che non avrò mai, è sempre più distante come un tuono lontano, come fossimo morti da secoli senza essercene accorti. Disteso immagino quello che sarebbe stato, ciò che avresti detto, i sogni e gli incubi, i desideri svaniti nel nulla, i baci non dati, le parole sospese dalle labbra e mai pronunciate. Ora siamo così distanti” (Voyeurism)

 

5.      La fine di Atròphia

 

Credo che “Subliminale sia stato il punto di arrivo più elevato di Atròphia ed anche quello più estremo. Oltre non si può andare, perché oltre non c’è niente. Sono convinto che Atròphia abbia detto tutto quello che aveva da dire e che lo abbia fatto nel modo più franco, chiaro e diretto con Subliminale. Non avrò altri periodi creativi come quelli che ho vissuto nell’ultimo periodo con Atròphia e credo che mi mancherà molto, ma devo svoltare l’angolo, girare pagina e andare avanti.

 

Addio Atròphia, mi mancherai.

 

Ma voglio ancora indugiare su quel particolare periodo. A volte fa bene crogiolarsi nella malinconia, prolungando il tempo dell’addio. In fondo Atròphia mi ha accompagnato per sette lunghi anni e se considero Topsyca come una sorta di suo progenitore, un suo rabbioso e rumoroso antenato, allora, gli anni sono nove, quasi un quarto della mia vita. Mica poco. Allego le note che avevo scritto come allegato al cd.

 

Ho prodotto questo lavoro presso lo Studio M42 di Monselice (PD) durante il gelido inverno del 2010, lo ho mixato e masterizzato presso lo stesso Studio in primavera. Tutte le canzoni sono state scritte da me, suonate da me e, purtroppo, anche cantate da me. Per farlo ho impiegato una Fender Telecaster, un basso Stagg Precision, un Vox Tone Lab per chitarra, un Digitech BP50 per basso, un amplificatore Fender FM65R, un FBT BX30, una tastiera Casio CKT-3000, vari synth, tra i quali Silver, Copper e Beat Box, un mini - mixer Beheringer a sei canali, molta Peroni fredda e tante ore perse di sonno.

 

Durante il periodo “compositivo”, ovvero il precedente anno e mezzo, ho ascoltato fino alla noia Editors, Metallica, Soundgarden, Queens of the stone age, Chingon (per chi non sa chi siano, è la band preferita di Quentin Tarantino), 69 Eyes, Velvet Revolver, HIM, Coldplay, Stray Cats, Rage against the machine, Guns and Roses, Bruce Springsteen, Steve Ray Vaughan, Amy Winehouse, Cream, Black Sabbath, PJ Harvey, Billy Idol, Smashing Pumpkins, Siouxsie and the Banshees, Foo Fighters, Clash, Verdena, Killers, ho letto fumetti della Marvel Comics, ho visto o rivisto i seguenti film: 300, Le crociate, King Arthur, Il gladiatore, Kill Bill, Pulp Fiction, Bastardi senza gloria, Gangs of New York, The secretary, Basic, C’era una volta in Messico. Inoltre, ho ripreso a fumare per cinque lunghi mesi, mi è cresciuta la barba, mi sono tagliato nove volte i capelli, ho fatto un altro figlio, sono stato quasi mollato dalla mia compagna (grazie per la pazienza), ho lavorato come un negro (senza offesa per nessuno) e ho pensato seriamente e molte volte di piantare tutto, senza che di tutto ciò abbiano risentito minimamente le mie composizioni, o almeno questo è quello che credo.

 

Durante il periodo “produttivo” si è inchiodato due volte il pc principale dello studio (hard disk e monitor sostituiti) e ho perso il file di una canzone già pronta durante un black-out, con molte immaginabili bestemmie (di cui mi sono immediatamente pentito) e parolacce (di cui non mi sono pentito affatto).

 

Per finire, “Marlèn” è dedicata a Marlèn, mentre “Margherite gialle“, soltanto la protagonista sa che è dedicata a lei.

 

A partire dal 2011 ho quasi abbandonato la chitarra elettrica. Ondeggio tra sonorità acustiche americane (e quindi mi spacco le dita della mano sinistra sulle robuste corde di chitarre dreadnought) e suoni mediterranei, iberici, latini (e in questo caso, sono le dita della mano destra a soffrire. La chitarra flamenca si suona rigorosamente senza plettro). Nel primo caso ho registrato un demo nel 2011, “Six strings and three chords” (Sei corde e tre accordi), che contiene le canzoni “Southern civil war” (dove rivisito l’Unità d’Italia come una sorta di Guerra di secessione americana), “Respect” (scandita da arpeggi alla Lynyrd Skynyrd), “The Giantess” (dedicata a una donna cannone più sexy delle donne da sfilata).

E poi, “State whore blues” (ispirata a politici e politiche che, sempre più, possono fregiarsi del titolo di Puttana di Stato), “Outlaw song” e “Now”.

“Adesso guardami. Mi riconosci? Sono sempre io, lo stesso di sempre. Ma tu sei diversa. Sei un’altra persona. Dove sei adesso? Non ti vedo più. Dove sei adesso? Non ti riconosco più.” (Now)

E anche, “My heartland”, dichiarazione d’amore per la mia terra.

E per finire, ho aggiunto due cover per sola voce e chitarra. “La casa gris” di Llan de Cubel (confesso che è stato alquanto difficile cantare nello spagnolo delle Asturie) e la tradizionale “Danny Boy”.

 

6. Discografia

 

Album

 

- Sotterranea (2006)

- Sorvegliare e punire (2007)

- Ipnotica EP (2007)

- Echi (2008)

- Subliminale (2011)

 

Compilations



- Silent Night(mare) (2007)



Altri progetti

 

- In Delirio (Tranzgenic 2007)

- Six strings and three chords (2011)

 

Partecipazioni e collaborazioni

 

- Bad Monkeys (Bad Monkeys 2009)

- Osculum Tarantulae (Kish Maldìt 2009)

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