domenica 17 gennaio 2016

Il cattolicesimo ha fatto il suo tempo




Nel Seicento la Chiesa ordinò a Girolamo Borro, uno scienziato dell'epoca che studiava i moti delle stelle applicando le teorie di Copernico, di inserire un paradiso cristiano nel firmamento. Egli rispose che oltre la sfera celeste non v'era nulla di nulla, tranne un piatto di lasagne per l'Inquisizione, sotto la quale sapeva che sarebbe caduto. Non si sbagliava. La sua ironia non fu accolta con sportività dalle alte sfere ecclesiastiche e fu immediatamente imprigionato.

Non criticare mai i preti e i monaci in pubblico, dai l'impressione di essere religioso, devoto e zelante, perchè gli ipocriti hanno sempre successo”. Questi erano i consigli per fare carriera a quell'epoca nei palazzi della Chiesa, secondo Giovanni Ciampoli, che era stato il segretario particolare di Urbano VIII, prima di cadere in disgrazia.

E, restando in tema di ricerca scientifica e progresso, nel cui campo la Chiesa mostrò il lato peggiore di sé – e probabilmente lo fa anche oggi -, non dimentichiamo le persecuzioni alle quali fu assoggettato Galileo Galilei, la cui unica colpa fu di aver confutato la teoria della centralità della terra, dimostrando l'eliocentricità del sistema solare. Abiure, anatemi e minacce si sprecarono e Galileo fu quasi dimenticato, sepolto dalla polvere e dalle ragnatele dell'ingiustizia. Soltanto nel 1964, quando di lì a cinque anni l'uomo avrebbe messo piede sulla Luna, e nel 1979, ben dieci anni dopo che ciò era avvenuto, Galileo fu riabilitato, a opera di Paolo VI nel primo caso e di Giovanni Paolo II, più tardi.

Ma andiamo avanti, il Seicento, come Dio volle, ebbe fine ed entrammo nel Settecento, l'era dei Lumi. Ma di lumi la Chiesa ne spense più di quanti ne accese nelle celebrazioni liturgiche. La Santa sede combattè con asprezza la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino. Orbene, la Dichiarazione, che elencò per la prima volta i diritti universali, inviolabili e insopprimibili degli uomini, segnò, a mio avviso, il vero passaggio dal Medioevo all'Età moderna. Eppure, ritenere gli uomini tutti uguali e liberi costituisce un atto contrario non solo alla ragione ma anche alla dottrina cattolica, disse Pio VI nel 1791, condannando senz'appello la Dichiarazione con il Quid aliquantum. Quanti si resero conto che così facendo stava implicitamente giustificando la schiavitù, la sopraffazione del proprio simile, la disuguaglianza e l'assolutismo? Forse non se ne rese conto lui stesso. Probabilmente non si era neppure accorto di essere entrato nell'Età moderna e che il mondo stava cambiando.

E che dire di Pio IX, il Papa “riformatore, liberale e democratico”? Neppure lui si diede pena di svecchiare la Chiesa e tendere l'orecchio alle grida di dolore che giungevano da più parti da centinaia di popoli oppressi. Anzi, sostenne l'incompatibilità del cattolicesimo con una civiltà moderna, condannando la libertà di religione (di quelle diverse dal cattolicesimo), la libertà di stampa e di manifestazione del pensiero e l'uguaglianza giuridica di tutti i cittadini indipendentemente dal culto professato. E questo accadeva nel 1861, il giorno dopo la proclamazione dell'Unità d'Italia!

Nel 1885 Leone XIII con l'enciclica Immortale dei condannò l'idea di lasciare la religione, qualunque religione, alla sfera esclusivamente privata del singolo individuo, rendendo cioè ciascuno libero di seguire la propria religione, o anche nessuna, se questo fosse il suo desiderio.

Ma passiamo al Novecento. La seconda guerra mondiale è appena terminata e ha lasciato milioni di morti, feriti e distruzioni, un mondo ferito, ma desideroso di risollevarsi. Siamo nel 1948 e all'Assemblea dell'ONU è in discussione la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. In quell'occasione, il delegato del Brasile presentò una mozione con la quale chiedeva l'inserimento nel testo della Dichiarazione del principio secondo il quale i diritti dell'uomo vengono da Dio che glieli ha donati; come dire, il cadavere della teoria dello jus naturale di secentesca memoria veniva riesumato con il suo tanfo insopportabile di assolutismo, in contrapposizione al diritto comune elaborato dagli uomini per gli uomini. Per fortuna, e ripeto, per fortuna, la mozione fu respinta. Ma per ripicca, Pio XII espresse un giudizio molto negativo sull'intera Dichiarazione.

Neppure nel 1988, in occasione del quarantennale della Dichiarazione universale, la Chiesa espresse una posizione netta a favore dei diritti umani. Giovanni Paolo II, pur riconoscendo che la Carta era una pietra miliare posta sulla strada del genere umano, riteneva, tuttavia, che corrispondesse soltanto in parte a quanto la Chiesa richiedeva come indispensabile assetto del consorzio civile. Neppure allora un papa tollerante, aperto e modernista, come io lo considero, osò infrangere il dogma, oramai ridotto a tabù, a svolazzante foglia di fico della supremazia del diritto naturale su quello artificiale, prodotto dall'uomo. E quindi di una Chiesa unica depositaria del diritto d'ingerenza sulle terrene questioni, unico giudice competente a decidere ciò che è bene e ciò che è male per l'uomo.

Da quanti secoli di oscurantismo veniamo e non sono ancora bastati!

E' ora di riconoscere che papa Pio IX non si era sbagliato e aveva perfettamente ragione: il cattolicesimo è incompatibile con una civiltà moderna. Dunque, non esitiamo a sbarazzarcene.

E ora, scomunicatemi pure.


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