domenica 24 maggio 2015

Una possibile lettura del monoteismo


Mi ha sempre incuriosito come, nella notte dei tempi, in una di quelle notti in cui l’oscurità, fitta e impenetrabile, era rischiarata soltanto dall’inquietante saettare dei lampi, sia nato il monoteismo. La curiosità elevata all’ennesima potenza ha innescato in me una serie di riflessioni e una conclusione. La seguente.

Innanzitutto, circoscriviamo la questione entro i suoi giusti limiti. Il passaggio da un cielo pullulante di dei a uno in cui l’unico dio si aggira solitario e annoiato ha implicato due prospettive. Il politeismo non implicava soltanto un pantheon di divinità, ma anche il fatto che le entità sacre fossero parte del mondo, vivessero insieme a noi come forze della natura. Il dio del sole, il dio del fuoco, la dea della fertilità e moltissimi altri, che, mutato il nome, si ritrovano in tutte le religioni politeiste, di qua e di là degli oceani.

Il monoteismo, oltre a sfoltire la schiera degli dei, ha innescato un pensiero rivoluzionario: il dio era il Creatore, Colui che innescando il logos divise il caos in due esatte metà, luce e tenebre e diede il via alla creazione. Quindi, un Ingegnere esterno e preesistente al mondo. Ma chiamo a soccorso le parole di Pietro Citati (Dio secondo l’Islam): “Un tempo Dio era un tesoro nascosto, celato nella profondità del proprio mistero, sconosciuto persino a sé stesso, avvolto nella tenebra. Quando Dio volle conoscersi, creò il mondo. Ora, tutto ciò che vediamo, è un’immagine di Lui, che si riflette come dentro uno specchio.

Tutto ebbe inizio nel Medio oriente, in una zona che va dalle coste dell’attuale Libano, alla Mezzaluna fertile (Iraq, Giordania e Siria), in quelle care terre oggi insanguinate dalle tante guerre, smagrite di povertà e tremanti di terrore. Furono le genti di Canaan a fare la doppia rivoluzione dio unico/creatore esterno. Pensarono a un solo Dio, El, il Signore di tutte le cose. Tuttavia, essi risentivano ancora degli influssi del politeismo, un dio unico parve loro troppo solitario e gli misero accanto una moglie, Asherah. Una moglie per Dio? Pare assurdo, ma fu così. A ben vedere, l’accoppiamento non è poi così azzardato. Il dualismo ha molteplici epifanie: il maschio e la femmina, il sole e la luna, la luce e il buio, il bianco e il nero, El e Asherah.

Con il tempo, il monoteismo si rafforzò e Dio perse la moglie, ma non la pluralità. Da vedovo, divenne Elohim, plurale di Dio, che potremmo tradurre con Iddii, che si riscontra ancora in alcuni appellativi ebraici della Divinità, come Adonài o Shaddài, tutti nomi del Dio molteplice.

Ma forse il monoteismo ebbe un’origine parallela, meno antica, ma più misteriosa, nell’antico Egitto. Amenothep IV, meglio noto come Akenaton, l’eretico, il faraone che si ribellò agli dei, tentò di sostituire il culto del dio Amon con un monoteismo ancora embrionale. E in questo contesto, si deve ricercare anche l’origine di Israele. Come? Ve lo dico subito.

Il tentativo di Amenothep non attecchì, il monoteismo non convinse la potente casta sacerdotale, che si vide messa in discussione, vi furono rivolte, saccheggi, stragi. Il faraone fu rovesciato, il monoteismo fu messo da parte, i sacerdoti erano salvi e non se ne parlò più. Ma un personaggio si era persuaso che fosse stata scoperta la strada che conduceva a Dio e non intendeva in alcun modo rinunciare a percorrerla. Si chiamava Moshèh ed era un generale dell’esercito egizio. Decise di attraversare il deserto per cercare una terra libera dalle persecuzioni religiose, la Terra promessa, e condusse con sé tre battaglioni di soldati insieme alle loro famiglie. Forse attraversarono il Mar Rosso approfittando di un’eccezionale bassa marea e l’esercito egiziano non fu altrettanto lesto a farlo e raggiunsero una vallata fertile oltre il Sinai, fra il mare e il Giordano (Sigmund Freud, L’uomo Mosè e la religione monoteista). A quel tempo, alle unità dell’esercito egizio erano imposti nomi di divinità. Forse il primo dei battaglioni era dedicato a Iside, il secondo a Rah e l’ultimo a El. Fatto sta che l’unione dei loro nomi diede vita a Israele (Is – Ra – El).

La preghiera ebraica più antica che si conosca è Shemà Israel, Ascolta Israele, forse la prima in cui s’invoca il Dio unico.

Ascolta Israele

Il Signore è il nostro Dio

Il Signore è Uno

(Deuteronomio, 6, 4 – 9)

Ma non si può non parlare dell’altra religione monoteista, attraverso le sue stesse parole, nette, pulite, logiche come assiomi matematici. Le parole dell’Islam.

Allah u akhbar

Ill Allah u akhbar

Ill Allah u Allah

(Trad., Dio è grande, solo Dio è grande, solo Dio è Dio).

E anche:

Allah u ahad

Allah u bi Allah

(Trad., Dio è unico. Non c’è altro Dio all’infuori di Dio. Chiedo scusa, la trascrizione non è molto accurata)

Nel cristianesimo non riscontro la stessa intransigenza, la stessa purezza.

Noi cristiani (rectius, voi, io non credo di esserlo più, almeno dopo aver scritto quello che ho scritto) soffriamo forse di un politeismo latente? A me sembra di sì.

Dio è unico? Si, anzi, no. C’è il Padre, è vero, ma c’è anche il Figlio e lo Spirito Santo. E già siamo a tre. E non contenti, abbiamo introdotto, accanto alla molteplice figura dell’Altissimo, dei, santi e numi in numero tale da far impallidire il più nutrito e fantasioso cielo pagano, un pantheon di divinità che ha contaminato la purezza del monoteismo.
Ecco, questo è il mio pensiero. In altri tempi, mi avrebbero bruciato come eretico. Per una volta, sono debitore della modernità. Le devo la vita.

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