mercoledì 27 agosto 2014

Curiosity kills


 

Un tedioso pomeriggio estivo, il sole piove spietato sulla strada rovente. Nella stanza in penombra, dove cerco rifugio dai suoi raggi, traspira la calura e le teste ciondolano, qualcuno si appisola. Il tempo non passa mai in compagnia di chi ci è indifferente o addirittura molesto. Vorrei sprofondare anch’io nel sonno, ma non ci riesco, il respiro ritmico e profondo di chi si è addormentato, o peggio, il russare profondo e cacofonico mi disturba, il chiacchiericcio di chi è ancora sveglio è un ronzio da insetto che mi avvelena i nervi.

Così, più per abitudine che per necessità, accendo il notebook. La pagina iniziale è quella di un famoso social network. Sfoglio pagine su pagine, profilo dietro profilo, chi s’è sposato, chi si è trasferito, chi ha avuto un figlio. Vita che va, vita che viene. Curiosità piccata, al limite del morboso, prende il posto del mio malessere. V’è un che di indecoroso nello sbirciare nelle vite d’altri, esplorare gli altrui album fotografici – mi sento quasi un voyeur - e scoprire che sono stati in posti che, forse, non vedremo mai, che fanno sport che non avremo il coraggio o la costanza di praticare, che hanno più amici di noi, sorridono di più, insomma, se la passano meglio. E, un vago senso che non è agevole definire, acido come un rigurgito, un pizzico di leggera invidia, misto a un grammo di nostalgia, mi afferra alla bocca dello stomaco e mi dà nausea. Quasi quasi, preferivo l’irritazione verso chi ronfava.

E di che mi stupisco? Sul libro delle facce c’è il mondo intero e s’incontrano tanti ex. Ex colleghi, ex amici, ex fidanzate. E scatta puntuale il meccanismo del rimpianto, la tagliola delle domande insolenti e pericolose, pericolose perché possono far male: chissà, se non l’avessi lasciata ora sarei al posto di quell’insulso maritozzo che l’ha sposata e che si erge, sorridente e palestrato, da un album di fotografie delle vacanze al mare. Guarda caso, è più muscoloso di me, è più sportivo di me, sicuramente guadagna più di me e, si vede, la fa ridere più di quanto potevo farlo io. Lei sembra felice, il suo sorriso è franco, aperto, sincero. I suoi occhi sono belli e trasparenti, non conoscono neanche un’oncia di tristezza, non indossano da lungo tempo il velo della malinconia. Insomma, si sono sposati, hanno avuto figli, vanno in vacanza, se la passano bene, mi pare. Una famiglia felice, che gode una felicità che io non avrei saputo darle.

Mi sono stufato di fare il guardone e penso che dovrei rimettere ordine nella mia vita. Spengo il notebook e lo metto via. I miei occhi riprendono confidenza con la penombra e scorgono un quotidiano che si solleva e si abbassa ritmico sul prominente addome di un tizio che conosco appena e ronfa saporitamente. Lo raccatto e inizio a sfogliarlo. Le solite notizie: lo spread diminuisce, la depressione aumenta, la ripresa ci sarà, forse, il prossimo semestre. D’un tratto, rivedo quel sorriso, nella pagina della cronaca nera.

Coniugi trovati morti in casa. Si sospetta un caso di omicidio – suicidio.

 

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