lunedì 21 luglio 2014

Suite francese


 Spezzoni di vite scompaginate dalla guerra si dipanano nella trama e ordito sottile, elegante, della successione dei capitoli. Vite d’altri, all’inizio parallele, s’intrecciano in una matassa inestricabile, pur mantenendo la loro originaria autonomia. Vite d’altri così simili alle nostre, sorprese dalla tragedia della guerra.

Nell’ultimo capitolo, tutto si ricompone, ogni cosa va al suo posto. Sotto la neve, le storie degli altri trovano compimento e diventano finalmente le nostre. Lo scrittore Corte, intirizzito dal freddo, scrive accanto al camino ma, come un lupo che perde il pelo sì, ma non il vizio, tiene lo champagne al fresco nella neve del terrazzo. La neve ricopre anche la tomba del signor Langelet, troppo attento a salvare le sue preziose cose, tanto concentrato a curarsi di se stesso, da non accorgersi di morire. E madame Pericand scavalca tranquillamente la lunga fila al negozio di alimentari, ma è fiera e tranquilla, sa che le è dovuto per il suo rango di madre di famiglia numerosa e fiocchi di neve s’impigliano nel velo nero del lutto. I suoi occhi incrociano per un istante, sfiorano appena le figure curve nel freddo dei coniugi Michaud, eternamente insieme come gemelli siamesi, perfino a tremare nel freddo dell’inverno parigino nella fila per il pane. Anche in campagna, tranquillo rifugio del loro unico figlio scampato alla guerra e alla prigionia, il tempo scorre lento e uniforme sotto il cielo grigio e gelido.

Al termine della narrazione, ci rendiamo conto che queste vite d’altri ci sono familiari, ci sono entrate nel cuore e nell’anima, ci sono familiari come se ci appartenessero, sono un po’ anche le nostre. Perché gli altri siamo noi.

Temporale di giugno fa parte, insieme a Dolce, di Suite francese, un dittico composto da Irène Nèmirovsky, scrittrice ucraina trapiantata in Francia, tra il 1941 e il 1942. E’ la sua ultima opera. Se la possiamo leggere, vuol dire che i miracoli avvengono.

Tempete de juin e Dolce sono stati scritti in grafia fitta e minuta, per risparmiare pagine e inchiostro, su un’agenda che conteneva anche riflessioni e pensieri dell’autrice. Il 13 luglio 1942 la Nèmirovsky fu arrestata e portata a Pithiviers perchè di origine ebraica e l’agenda finì in una valigia che ella non ebbe il tempo o il modo di portarsi dietro. Nonostante innumerevoli tentativi, nessuna notizia pervenne ai familiari circa la sorte della scrittrice.

Ma la situazione, già grave, si fece drammatica. Denise e Elisabeth, figlie della scrittrice, vennero anch’esse perseguitate, nonostante fossero cattoliche, perchè discendenti di ebrei e la valigia, che conteneva, oltre all’agenda, anche i loro effetti personali, le seguì nelle peregrinazioni per tutta la Francia in cerca di salvezza. Finita la guerra, esse preferirono non leggere mai l’agenda della scrittrice, accontentandosi di tenerla tra le mani e inspirarne il profumo di pelle della rilegatura e della carta ingiallita, sperando di sentire, o anche solo d’intuire o immaginare, il profumo della loro madre. Forse, temevano più di tutto di accrescere le loro pene, ripercorrendo nelle pagine del diario i suoi travagli negli ultimi disperati giorni che ne precedettero la scomparsa.

Forse per curiosità, forse perché sentiva in qualche modo di doverlo a sua madre, Denise, la figlia maggiore della scrittrice, vinse le residue resistenze e cominciò a sfogliare quelle vecchie pagine, rovinate dal tempo e dalle troppe fughe disperate e capì subito che quello che riteneva una sorta di diario intimo della scrittrice era, in realtà, una vera e propria opera letteraria, l’ultimo romanzo di Irene Nèmiroksky. Un’opera complessa, una sorta di romanzo sinfonico in cinque movimenti, dei quali, tuttavia, solo i primi due erano stati completati, mentre gli altri, Captivitè, Batailles e La Paix, erano appena abbozzati.

L’opera fu pubblicata con il titolo di Suite francese soltanto nel 2004, come aveva previsto la stessa Nèmirovsky: “Ho scritto molto. Saranno opere postume, temo, ma scrivere mi fa passare il tempo.” Il tempo che la separava dalla deportazione ad Auschwitz, dove venne uccisa, poco dopo il suo arrivo, il 17 agosto 1942.

Sulle tracce di mia madre e di mio padre, per mia sorella Elisabeth, per i miei figli e i miei nipoti, queste Memorie da trasmettere, e per tutti quelli che hanno conosciuto e ancora oggi conoscono il dramma dell’intolleranza”.
(Denise Epstein, dalla prefazione a Suite francese).

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