giovedì 10 aprile 2014

Italiani brava gente?


Gli italiani sono singoli geni che formano, tutti insieme, un popolo politicamente disordinato e immaturo. Una collettività talmente sorprendente da rendere problematico un giudizio complessivo.

Questa è l’analisi, lucida e feroce, di un Alberto Lattuada di alcuni anni fa. Sorprendente non è tanto la spietatezza del giudizio, quanto il fatto che, a distanza di anni, il parere resta di un’attualità e di una validità, che risultano spiacevoli. E noi italiani così siamo. Un mix fatale e irrimediabile di genio e sregolatezza, intuito e bassezza, miserie e ricchezza. Passiamo dal genio di Leonardo alle atrocità geniali di Totò Riina, dalle miserie del dopoguerra, al boom economico, alle miserie della Grande Crisi, fino alla scempiaggine, talmente ingente da apparire quasi paradigmatica, del naufragio della Costa Concordia – paragonabile a una bella donna selvaggiamente oltraggiata dall’ignavia e dall’incapacità di un uomo che non la meritava, il suo comandante – e al suo salvataggio, giustamente glorioso e tecnologicamente salvifico, quasi fosse la metafora di un’Italia capace di riscattarsi, di un’Italia in grado di salvare sé stessa dal naufragio.

L’Italia è un paese grande, ma non è e, temo, non sarà mai, un grande paese. Resteremo per sempre confinati, reclusi in una terra di grande bellezza, quasi sconvolgente, oserei dire, che non sappiamo apprezzare e tutelare, una provincia del moderno Sacro Romano Impero, rigeneratosi, come una fenice recalcitrante dinanzi alla morte, nell’Unione Europea. Provinciali siamo e provinciali resteremo, nel profondo dell’anima.

E poi, non siamo e ripeto, non siamo capaci di rispettare le leggi neppure per un maledetto secondo delle nostre vite sregolate. Qualsiasi sfigato sbirro di periferia è sicuro di scovare irregolarità e scoprire delittuosità, più o meno gravi, solo a sollevare un lembo di quel misero tappeto sotto il quale nascondiamo le nostre atrocità più perverse, frutto delle nostre indolenze e perversioni e banalità e furbizie, che chiamiamo terra italiana.

L’Italia è una repubblica (?) democratica (?) fondata sull’illecito, mi verrebbe da dire, parafrasando il Calvino di Apologo sull’onestà, articolo lucidissimo e profetico apparso su La Repubblica del 15 marzo 1980, che aveva scritto senza sapere nulla di Ustica, della strage di Bologna, di Gladio, della loggia P2 e di tante altre nefandezze, ancora di là da venire.

I nostri governanti non ne vengono a capo. Nessuno rispetta le regole, a cominciare da loro. Le leggi sono oscure e si prestano a interpretazioni contrastanti. Inutile stupirsi, sono il frutto di un compromesso politico (in questo sì, siamo maestri, abbiamo inventato le larghe intese, le convergenze parallele, i patti di desistenza, le maggioranze a geometria variabile), in base al quale, non si può far dire alla legge ciò che deve dire, cosa è vietato e cosa non lo è, ma farlo intuire, trasparire appena dalla selva dei commi e dei paragrafi, come fossero messaggi subliminali destinati a pochi eletti. Allora, se la legge non è chiara, i cittadini non la rispettano (mancava loro solo un’altra giustificazione) e i nostri governanti, che cosa fanno? Non semplificano la scrittura della norma, rendendola comprensibile a tutti, non abbandonano lo stile dogmatico – leguleo della nostra beneamata Repubblica, anzi, se ne guardano bene. Inaspriscono le pene, come a dire al cittadino: la legge non è chiara? Non m’interessa, ma sappi che se non la rispetti, ti sbatto dentro e butto via la chiave.

Italiani brava gente?

Sfatiamo questo mito.

Si parla della bontà e dell’umanità dei soldati italiani, che si distinsero nelle guerre italiane e si distinguono ancor oggi per questo motivo nelle missioni all’estero.

Ma, sarà vero? Vediamo.

Sapete perché ci odiano tanto in Slovenia e in Croazia? Ve lo dico io. Perché i soldati italiani a caccia di partigiani titini avevano il vizietto di rinchiudere gli abitanti dei villaggi che conquistavano nelle loro case e poi appiccavano il fuoco. Con la gente dentro.

Fumo di slavo, che vuoi che sia?

Inaudito! Invece, no. I militari italiani avevano fatto la stessa cosa in Libia e in Eritrea, al tempo delle guerre coloniali.

Che vuoi che sia? Fumo di negro.

Ma quello che fecero in Africa, l’avevano imparato a fare nel Meridione, all’epoca della campagna per l’Unità d’Italia. I bersaglieri, per rappresaglia a seguito di un’imboscata subita a opera di un gruppo di briganti, durante la quale i briganti catturarono e uccisero 44 soldati (non notate la straordinaria analogia con le rappresaglie naziste alla fine della seconda guerra mondiale, a seguito delle azioni partigiane?), occuparono due paesi in provincia di Benevento, Pontelandolfo e Casalduni e per rappresaglia, diedero fuoco alle case con gli occupanti dentro, non senza prima aver stuprato le donne e infilzato con la baionetta i neonati.

Fumo di terrone. Che vuoi che sia?

Morirono a migliaia, ma nessuno lo sa, o vuole ricordare. Le vittime furono più di novecento, ma nessuno lo sa con sicurezza, nonostante siano passati più di 150 anni, gli archivi sono ancora segreti. Venti per ogni soldato caduto nell’imboscata. Nella strage delle Fosse Ardeatine il rapporto fu – solo – di dieci italiani per ogni soldato tedesco, come ci ricorda il bravissimo Pino Aprile nel suo Terroni! Ma i bersaglieri erano a scuola d’Africa, dovevano pur esercitarsi con qualcuno se dovevano sottomettere l’Etiopia e l’Eritrea, o no? Un ragazzo di Pontelandolfo al quale era stato ucciso il padre e violentata e orribilmente uccisa la madre, riuscì a salvarsi dal rogo e fuggì all’estero, si arruolò nell’esercito austriaco e colse l’amara vendetta di trucidare a fucilate e a colpi di baionetta decine e decine di soldati del neonato Esercito Italiano durante la battaglia di Custoza.

Italiani brava gente?

Meglio tacere.

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