giovedì 21 novembre 2013

Friday Night


La bettola era affollata di avventori. Era venerdì sera, ora di punta. Contadini dalle vesti lacere, stanchi della fatica dei campi e muratori, falegnami e altri artigiani si potevano riconoscere dalla polvere, dalla segatura e da altri frammenti del loro lavoro, impigliati nei capelli e nelle barbe. Prostitute siriane facevano gruppo a sé. Ogni tanto una di esse si staccava dal gruppo vociante e sguaiato, che costituiva anche il nucleo principale del locale, intorno al quale gli avventori ronzavano come mosche, per andare a proporre a qualcuno di essi prestazioni irripetibili.

Chini sui loro bicchieri, su assi di legno inchiodati insieme da tempo immemorabile a costituire un lungo bancone di bar, stavano tre personaggi pensierosi. Tra questi e il resto della bettola c’era il vuoto e nessuno osava attraversarlo e avvicinarsi, neppure le prostitute.

“Bello spettacolo, oggi vero?” disse Frusciante.

“Già” rispose Morales laconico. Aveva un’aria sofferente.

“Jeremiah, un altro giro!” ordinò Kozlowski.

“Grazie tenente!” esclamò tutto accaldato Frusciante.

“Cos’hai Morales?”

“Niente, ho mal di testa. E’ tutto il giorno che ho mal di testa”

“Sei qui da troppo tempo” disse Frusciante.

“Già, da troppo” rispose laconico Morales, tornando a tuffare lo sguardo dentro il suo bicchiere vuoto.

“Ecco un altro giro signori!” esclamò Jeremiah il vinaio arrivando con le coppe.

“Questo è quello buono, come le avevo promesso, tenente. Rosso scuro, come il sangue. Alla vostra salute, signori!”

Nel servirli, Jeremiah urtò il braccio di Morales, rovesciando parte del vino.

“Gesù Cristo!” esclamò.

“Dove?” si allarmarono i militari. L’oste sbiancò.

“Da nessuna parte” rispose Morales abbassando il tono della voce “Imprecavo”

“E’ che siamo tutti un po’ nervosi da questo pomeriggio” fece il tenente al vinaio, tentando di giustificarsi.

“Ho mal di testa” disse Morales.

“Questo le farà bene, signore” disse l’oste “E’ di quello buono, che tengo in riserva”.

Poi, avvicinandosi al tenente “Non lo servo mica a tutti” aggiunse sussurrando e ammiccando “Dico bene, tenente?”

Il tenente non rispose. Quell’ammiccare repentino e fraudolento gli aveva fatto venire i brividi. Si volse e con un rapido roteare d’occhi scandagliò tutta la bettola. Meglio darsi un’occhiata alle spalle, ogni tanto. Una delle prostitute siriane ricambiò la sua ampia guardata con un’occhiata invitante. Il tenente declinò l’invito abbassando lo sguardo sulla sua coppa di vino.  

“Perché, che è successo oggi pomeriggio?” chiese l’oste con malcelata indifferenza.

“Raccontagli tenente”

“Si raccontaglielo tenente” fece Morales “E raccontagli di come si è oscurato il cielo, di come è caduta la folgore, di come si è rivoltata la terra!“ aggiunse dolorante.

In effetti, quel pomeriggio, una grossa nuvola nera si era levata a occidente e aveva tagliato a metà il cielo. Era una nuvola strana, fosca e densa, gravida di presagi, che gettava una mesta ombra oscura sulla terra e prometteva tempesta. Le due metà del cielo si guardavano minacciose, come un occhio nero guarda un altro occhio azzurro, come se l’inferno ed il paradiso si scrutassero grandiosi e imponenti e si specchiassero l’uno nell’altro, due abissi gemelli e antitetici. Poi, l’occhio nero aveva inghiottito quello azzurro e tutto era sparito nella sua ombra, come se mai nulla fosse esistito sulla faccia della terra.

“Taci soldato!” fece imperioso il tenente “E’ segreto militare” aggiunse con un tono che non ammetteva repliche.

Si fece silenzio e spensero i loro pensieri nei bicchieri. L’oste se ne stava ritto in piedi presso di loro, dall’altra parte del bancone, contemplandosi i piedi con evidente imbarazzo. Si chiedeva perché mai gli fosse venuto in mente di porre quella domanda, ma la sua curiosità aveva avuto il sopravvento e ora si arrovellava cercando un plausibile e neutro argomento di conversazione per poter interrompere quell’imbarazzante silenzio. Per sua sfortuna, Frusciante arrivò prima di lui.

“Io dico che se l’è cavata bene oggi” disse.

Altro silenzio trapassato da sguardi interrogativi. L’oste ebbe un presentimento e tentò di arretrare, ma trovò subito il muro.

“Si, il tizio oggi sulla croce” aggiunse Frusciante.

“Voglio dire, non è da tutti, si è comportato in modo esemplare. Sai, quando ti inchiodano le mani, non è un bel momento e poi, quando tirano su la croce, è la parte  più terribile, sapete, io ne ho visti tanti e in quel momento tutti vorrebbero scendere, se potessero e fuggire via lontano, ve lo assicuro e invece lui, lui neanche un lamento.” insistè Frusciante.

“Non so, ho mal di testa” rispose Morales.

“Diceva che era il figlio di Dio, ma allora, mi domando, se era davvero figlio di Dio, perché non è sceso dalla croce e non ci ha inceneriti tutti con un solo sguardo?” continuò Frusciante con noncuranza.

“Balle, tutte balle!” fece il tenente.

Il bettoliere si fece ancora più pallido e tentò di scomparire nell’ombra.

“E poi, tutta quella folla, tutta quella gente che è venuta a vederlo morire sulla croce. Non c’è mai nessuno alle esecuzioni, solo i parenti stretti, a volte neppure quelli, perché provano vergogna.” incalzò Frusciante.

L’oste prese a tremolare nell’ombra, ma nessuno potè vederlo.

“E c’erano tante donne e come piangevano! Ho sentito dire che gli uomini della sua banda l’avevano abbandonato, l’hanno tradito e lasciato solo lì a morire. Ma le donne no, loro lo hanno seguito fino all’ultimo. E il resto della storia la conoscete già, tuoni, fulmini e saette e tutta la gente che scappava, che confusione! Insomma, è stato proprio un bello show!” andava avanti Frusciante imperterrito e non c’era verso di farlo tacere. Era piuttosto brillo.

“Sentite, dobbiamo proprio parlarne?” chiese implorante Morales “Ho mal di testa!”

“Ha ragione” ammise subito Kozlowski “Basta così soldato!” intimò a Frusciante.

Poi, rivolto a tutti “E adesso ascoltatemi bene. Il tizio sulla croce non era figlio di Dio, figlio di Dio è solo l’Imperatore e questo è il motivo per cui era sulla croce. Era solo un millantatore, un agitatore sociale, andava dicendo in giro che tutti gli uomini sono liberi e uguali. E questo è l’altro motivo per cui era sulla croce. E vi pare poco? Tutti gli uomini sono liberi e uguali? Queste sono idee pericolose, qualcuno prima o poi finisce per crederci e si mette in testa di fare la rivoluzione! Al giorno d’oggi si va sulla croce per molto meno.”

Mentre Kozlowski così tuonava, l’oste rabbrividiva nella sua ombra e si fece silenzio nell’osteria. Perfino le prostitute ascoltavano il tenente, mute e immobili come splendide statue silenziose.

“Era un delinquente, un farabutto, un bugiardo ipocrita come tutti gli altri, ecco cos’era, altro che figlio di Dio! E non è sceso dalla croce, non ha lanciato fulmini dagli occhi e fiamme dal culo e la pioggia, il temporale e il terremoto quando è spirato sono stati solo coincidenze. Era un uomo come tutti gli altri, come me e come voi!”

Fece una pausa per prendere fiato “Anche se devo ammettere che è stato piuttosto in gamba oggi sulla croce”

“Allora perché ho mal di testa?” chiese Morales “E perché mi sento un vuoto dentro, così profondo che nemmeno questo buon vino riesce a colmare?”

“Perché mi sento male da morire?”

“Sei qui da troppo tempo” rispose Frusciante.

“Si” fece eco il tenente “Sei qui da troppo tempo.”

“E’ lei che è qui da troppo, tenente!” dichiarò Morales con tono inaspettatamente duro.

“Ed è da troppo tempo nell’esercito. Ha combattuto troppe guerre e si è chiuso in sé stesso, perché ha perso la fiducia nei suoi simili” concluse con sicurezza, guardandolo dritto negli occhi, piantandogli addosso quei suoi occhi azzurri intensi, non più offuscati dal mal di testa e ora  limpidi come un’accusa.

Il tenente lo guardò con meraviglia, ma in cuor suo sapeva che il soldato aveva detto il vero. Era e sapeva di essere un uomo colmatosi di odio e abituatosi a odiare. L’impatto profondo con la vita lo aveva fatto crescere, diventare adulto in poco tempo, sacrificando a essa i suoi anni migliori. Attraverso gli occhi azzurri di Morales rivedeva la sua gioventù, la sua vita sprecata al servizio dell’Impero, tutte le battaglie che aveva combattuto, i compagni che aveva perso, i nemici sconfitti, in un enorme cumulo di morti, morti, morti, morti ovunque e sopra di loro la perfida ingannatrice con la falce in pugno e il suo sussurro indecifrabile nella bocca senza labbra. E adesso, in quella notte di un venerdì fuori dal tempo, in quella bettola lurida e nauseabonda dall’altra parte del mare, si accorse di avere appena avuto un altro scontro con la vita e di essere diventato vecchio in un colpo solo. Ma non rispose a Morales, si limitò a sorridere e disse:

“Torniamo in caserma”

“Sei fortunato Jeremiah, oggi è giorno di paga” aggiunse lasciando un gruzzolo di monete sonanti sul bancone.

“Grazie, signor tenente!” disse una voce dall’ombra. L’oste si era accorto che erano in quantità superiore al dovuto.

“I soldi sono come la merda, Jeremiah, più li maneggi, più ti sporchi.” fece il tenente rovesciando indietro la testa ed esplodendo in una grassa risata.

L’oste li seguì con lo sguardo mentre si allontanavano verso l’uscita e gli altri clienti si scansarono per lasciarli passare. Uscì dall’ombra ed emise un sospiro di sollievo. Si sentì lieve e poco importante, quasi fosse stato trasparente nella sua bettola di infimo ordine. Poi contò con cura le monete che gli avevano lasciato i soldati, le fece tintinnare nella mano e sorrise soddisfatto.
COPYRIGHT 2013 ANGELO MEDICI
Tutti i diritti riservati
Riproduzione vietata

Nessun commento:

Posta un commento